La Corte di Cassazione è intervenuta a Sezioni Unite sulla questione del fallimento di società in concordato preventivo
Il tema affrontato dalla Suprema Corte concerne il fallimento di una società sottoposta a concordato preventivo in assenza della richiesta di risoluzione di quest’ultimo.
L‘art. 186 L.F. disciplina la richiesta di risoluzione del concordato preventivo nel caso in cui la società ammessa alla procedura concorsuale non riesca a far forte alle obbligazioni assunte in sede concordataria.
Ci si è chiesti se in una tale situazione il creditore possa proporre istanza di fallimento senza previamente ricorrere al Collegio che ha omologato il Concordato Preventivo chiedendone la risoluzione.
La giurisprudenza ha oscillato, nel corso degli anni, tra il ritenere necessaria la previa domanda di risoluzione del concordato e la natura autonoma dell’istanza di fallimento.
Con Sentenza n. 4696 del 14 febbraio 2022 la Cassazione, a Sezioni Unite, ha risolto ogni questione, ritenendo ammissibile la proposizione dell’istanza di fallimento di una società sottoposta a concordato preventivo anche in assenza della previa richiesta di risoluzione del concordato medesimo.
In particolare, è stato statuito che “che nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modificazioni apportate dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari, può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del PM o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art.186 l.fall.“.
A ben vedere si tratta di una decisione innovativa in quanto permette ai creditori di “aggirare” i termini previsti per la presentazione dell’istanza di risoluzione ed i limiti per l’accoglimento della medesima, concernenti la dimostrazione del “grave inadempimento” della società nel rispetto delle obbligazioni assunte in sede concordataria.