Credito d’imposta per i canoni di locazione immobili a uso non abitativo

Con la Risposta n. 153/2022 l’Agenzia delle Entrate si occupa della cessione del credito d’imposta per canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda.

L’Agenzia delle Entrate rettifica parzialmente la risposta n. 797 del 2021.

Credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo

Il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda, “Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, riconosce ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione un credito d’imposta «commisurato all’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo».

Il credito d’imposta è:

– utilizzabile «nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, successivamente all’avvenuto pagamento dei canoni»;

– soggetto al «rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche».

L’articolo 122, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, con riguardo al credito in parola, prevede, inoltre, che «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, i soggetti beneficiari dei crediti d’imposta elencati al successivo comma 2 possono, in luogo dell’utilizzo diretto, optare per la cessione, anche parziale, degli stessi ad altri soggetti».

Secondo quanto disposto dal successivo comma 3 del medesimo articolo, «I cessionari utilizzano il credito ceduto anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il credito d’imposta è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente. La quota di credito non utilizzata nell’anno non può essere utilizzata negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso».

Nell’ipotesi di cessione del credito, in luogo dell’utilizzo diretto, resta in vigore l’articolo 122, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020, che, nello stabilire «La quota di credito non utilizzata nell’anno» in cui è comunicata la cessione «non può essere utilizzata negli anni successivi», impedisce al cessionario di beneficiare dell’innalzamento delle soglie di aiuto fruibili.

A rettifica, infine, di quanto già detto nella risposta all’interpello n. 956- 2118/2021, va chiarito che la possibilità per il cessionario – disposta dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 1° luglio 2020, punto 5.1 – di cedere ulteriormente la parte di credito non compensata, è ammessa esclusivamente nell’ipotesi in cui permangano i requisiti che ne consentono l’utilizzo diretto in capo al beneficiario originario (ovvero, per le ragioni sopra rappresentate, in capo all’ «impresa unica») e, quindi, per la quota parte ancora fruibile nel rispetto della soglia prescritta dalla normativa in tema di aiuti di Stato. Non risulta, infatti, possibile cedere un credito d’imposta per l’importo eccedente il massimale applicabile ai sensi della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, atteso che il predetto massimale non costituisce un limite alla compensazione del credito d’imposta ma un limite alla maturazione dell’aiuto.