No ai buoni pasto per meno di sei ore di lavoro effettive

Atteso che per avere diritto ai buoni pasto occorre sostenere un orario lavorativo di almeno 6 ore, niente diritto per chi ha un orario ridotto

Nella fattispecie si tratta della riduzione dell’orario lavorativo della quale le lavoratrici usufruiscono per l’allattamento. Alcune di loro, ritenendo che spettasse comunque loro il diritto ai buoni pasto mensili, avevano agito in giudizio per rivendicare tale diritto e in appello la corte la Corte aveva riconosciuto loro il diritto, perché l’astensione per maternità è obbligatoria e l’interdizione anticipata dal lavoro deve considerarsi come presenza in servizio.

In Cassazione

Il datore lamenta così in Cassazione la propria doglianza:

  • con il primo motivo lamenta la violazione della normativa relativa al riconoscimento dell’indennità di produttività;
  • con il secondo lamenta la violazione dell’art. 39 del D.lgs. n. 151/2001 e dell’art. 9 del CCNL 28/05/2004 in relazione al riconoscimento dei buoni pasto;
  • con il terzo la violazione all’art 39 del D.lgs. n. 151/2001 ” in riferimento al disposto riconoscimento in favore dei dipendenti di tutti gli ulteriori emolumenti richiesti, sempre sulla base dell’erronea premessa dell’equiparazione delle ore di permesso per allattamento all’effettiva presenza in ufficio.”

La Cassazione  con l’ordinanza n. 16929/2022, accoglie solo il secondo motivo del ricorso e respinge gli altri. La Corte statuisce in merito che “in tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva); ne consegue che i buoni pasto non possono essere attribuiti ai lavoratori che, beneficiando delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al d.lgs. n. 151 del 2001, osservano, in concreto, un orario giornaliero effettivo inferiore alle suddette sei ore, né può valere l’equiparazione de/periodi di riposo alle ore lavorative di cui al comma 1 dell’art. 39 dello stesso d.lgs., che vale “agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro”, in quanto l’attribuzione dei buoni pasto non riguarda né la durata né la retribuzione del lavoro ma è finalizzata a compensare l’estensione dell’orario lavorativo disposta dalla P.A., con una agevolazione di carattere assistenziale diretta a consentire il recupero delle energie psico-fisiche degli interessati (….) in definitiva, poiché è pacifico che le controricorrenti abbiano lavorato nei giorni interessati solo 5 ore e 12 minuti, il secondo motivo di ricorso va accolto e la domanda sui buoni pasto può essere definita nel merito, con il suo rigetto.”