La figlia aveva continuato a pretendere l’assegno di mantenimento dal padre sebbene maggiorenne e dopo il doppio diniego ai posti di lavoro stabili
La figlia maggiorenne di un avvocato, separato dalla moglie, perde il diritto all’assegno di mantenimento del padre per giudizio emesso dalla Corte di Cassazione sulla questione poiché ha rifiutato due lavori solidi che le si proponevano per divenire economicamente indipendente. La prima offerta, era come segretaria nello studio legale del padre e la ragazza l’ha rifiutata dicendo che voleva fare la cameriera. Ma all’impiego come cameriera che tanto voleva, la ragazza ha detto ancora no. Ora la Cassazione ha respinto il suo reclamo per riavere dal padre l’assegno mensile di 300 euro: per i giudici la mancata indipendenza economica è “esclusivamente sua colpa”.
Infatti gli Ermellini osservano che “Deve escludersi che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione – sottolinea la Cassazione – venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione o del mercato del lavoro”.
La Cassazione ha condiviso la decisione della Corte di Appello che ha stabilito che “non si poteva tenere conto della condotta morale” del ragazzo, come insisteva il padre ‘censore’, e che l’assegno gli tocca di diritto in quanto c’è la “possibilità che completi gli studi” e non è ancora indipendente dato che “è appena diventato maggiorenne” e “non c’è prova che il lavoro offertogli dal padre e rifiutato sia conforme alle sue attitudini e aspirazioni”.