L’avvocato “non distrattario” della parte vittoriosa, munito di delega all’incasso, ha chiesto di non applicare sulle predette spese la ritenuta alla fonte di cui all’articolo 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in considerazione di quanto precisato nella risoluzione 15 marzo 2019, n. 35/E.
La parte soccombente che agisce come sostituto d’imposta è esonerata dall’effettuazione della ritenuta prevista dal citato articolo 25 del d.P.R. n. 600 del 1973 nella sola ipotesi in cui le somme erogate al difensore della parte vittoriosa, munito di delega all’incasso, non costituiscano per quest’ultimo reddito di lavoro autonomo, ovvero qualora il difensore produca copia della fattura emessa nei confronti del proprio cliente, per la prestazione professionale resa.
La Risposta n. 286/202 dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 54, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), prevede che «Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione (…)».
La determinazione del reddito di lavoro autonomo avviene sulla base del principio di cassa, in forza del quale, fatte salve espresse eccezioni contenute nello stesso articolo 54, la tassazione dei compensi deve essere effettuata nel periodo d’imposta in cui gli stessi sono effettivamente percepiti e la deduzione delle spese in quello in cui le medesime sono state effettivamente sostenute.
L’articolo 25, comma 1, primo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che i sostituti d’imposta sui «compensi comunque denominati, (…) per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente ovvero siano rese a terzi o nell’interesse di terzi o per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa».
La più recente risoluzione n. 35/E del 2019 ha precisato che sulle somme liquidate in sentenza alla controparte vittoriosa, a titolo di spese di giudizio, e corrisposte direttamente al legale di quest’ultima, munito di un mandato all’incasso, la parte soccombente è esonerata dall’effettuazione della suddetta ritenuta nella sola ipotesi in cui le somme erogate al difensore della parte vittoriosa non costituiscano per quest’ultimo reddito di lavoro autonomo, vale a dire qualora questi produca copia della fattura emessa, nei confronti del proprio cliente, per la prestazione professionale resa.
L’esibizione della copia della fattura emessa dal difensore “non distrattario” nei confronti del cliente, fa presumere, che quanto dovrà essere erogato dalla parte soccombente ha l’effetto di “ristorare” la parte vittoriosa dell’onere per le spese legali a suo carico inerenti la prestazione professionale del proprio difensore.
L’articolo 64, comma 1, del d.P.R. n. 600 dispone che « chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso».
Pertanto, l’agenzia delle Entrate conclude che “qualora l’Istante ritenga che le somme che sta erogando possano costituire reddito di lavoro autonomo per il difensore, tenuto conto della propria responsabilità per l’eventuale violazione dell’obbligo di esecuzione della ritenuta alla fonte, è legittimato a richiedere al legale “non distrattario”, ai fini della non applicazione della ritenuta, oltre alla delega all’incasso rilasciata dal proprio cliente e la fattura emessa nei confronti dello stesso, ogni altra documentazione che ritenga opportuno in base alle proprie procedure, come ad esempio la prova dell’avvenuto pagamento del compenso professionale.”