La mancata trascrizione dell’azione di nullità degli atti

L’art. 2562 c.c. enuncia le conseguenze della mancata trascrizione della domanda giudiziale di nullità degli atti

Dalla mancata trascrizione della domanda giudiziale discendono tutte le conseguenze di cui all’art. 2652 c.c.

Secondo quanto statuito al n. 6 del predetto articolo, si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell’art. 2643, le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti: “le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunziare l’annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la validità della trascrizione”.

Prosegue poi la norma enunciando che “se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell’atto impugnato, la sentenza che l’accoglie non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda”.

In giurisprudenza – con riferimento alla ipotesi considerata dall’art. 2652, n. 6, c.c. – si è affermato che, avendo la legge inteso subordinare la piena ed illimitata efficacia della sentenza dichiarativa di nullità, nei confronti di tutti indistintamente i terzi, all’adempimento di un preciso onere da parte dell’interessato a far valere la nullità, e cioè propriamente alla trascrizione della domanda di nullità entro un prefisso termine, uguale rispetto a tutti i terzi, è ancora più evidente che all’inadempimento di quell’onere non può in alcun modo supplire la conoscenza di fatto che alcuno dei terzi, a differenza di altri, possa avere avuto della domanda stessa.

Dunque, la conoscibilità dell’azione da parte dei terzi non è idonea a supplire alla mancata trascrizione della domanda giudiziale.