Si applica oppure no l’esenzione dalle imposte in caso di trasferimento di immobile tra conviventi di fatto oggetto di accordo davanti al tribunale?
Un Notaio presenta interpello all’agenzia delle Entrate chiedendo se al trasferimento della quota di metà dell’immobile adibito a residenza dei “conviventi di fatto” nell’ambito delle condizioni pattuite per la cessazione della convivenza, il mantenimento della prole e la sorte dell’abitazione adibita a residenza della coppia possa essere applicata l’esenzione prevista dall’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74.
L’Agenzia delle Entrate in risposta all’interpello
Con la risposta n. 244/2022 l’Agenzia delle Entrate chiarisce quanto segue.
L’ art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 dispone che “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge l° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa“.
L’esenzione di cui all’articolo 19 trova la sua ratio nell’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l’imposizione fiscale possa gravare sui coniugi rendendo ancora più difficile il superamento della crisi coniugale.
La legislazione sulle unioni civili
Con riferimento al caso rappresentato, l’Agenzia delle Entrate richiama la legge 20 maggio 2016, n. 76 (cd. “Legge Cirinnà”), recante la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
L’articolo 1, comma 36 della citata legge definisce “«conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.
Per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
La “convivenza di fatto” comporta il riconoscimento di una serie di situazioni giuridiche come ad esempio il diritto di visita, l’ assistenza ospedaliera, etc..
I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza.
Tali contratti, “sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico” e, ai fini dell’opponibilità a terzi, il professionista che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione “deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe …”.
La richiamata legge n. 76 del 2016 non prevede e non regolamenta alcuna modalità di scioglimento del “rapporto di convivenza”.
Non è previsto legislativamente alcun procedimento o tutela giurisdizionale o paragiurisdizionale per porre rimedio ad un’eventuale crisi tra i conviventi stessi.
In base alla citata disposizione, l’accordo concluso tra i coniugi a seguito della convenzione e trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente “produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali” che definiscono i procedimenti di separazione personale e di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Trova applicazione nel caso prospettato l’esenzione?
L’esenzione di cui al citato articolo 19 può trovare applicazione agli accordi di negoziazione assistita in virtù della parificazione ex lege degli effetti dell’accordo ai provvedimenti giudiziali di separazione e di divorzio, sempreché dal testo dell’accordo medesimo, la cui regolarità è stata vagliata dal Procuratore della Repubblica, emerga che le disposizioni patrimoniali, contenute nello stesso, siano funzionali e indispensabili ai fini della risoluzione della crisi coniugale.
Tale parificazione degli effetti non è suscettibile di trovare applicazione oltre il caso considerato.
Sulla base di quanto precede, con riferimento alla fattispecie rappresentata l’agenzia delle Entrate non ritiene sussistente il presupposto per l’applicazione dell’articolo 19 della legge n. 74 del 1987.
Ne consegue che al trasferimento della quota di metà dell’immobile adibito a residenza dei “conviventi di fatto” a favore di uno dei due non possa essere applicata l’esenzione prevista dall’art. 19.