Nella prassi commerciale si utilizza l’assegno a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni ma non sempre è un iter corretto
L’assegno bancario è un titolo di credito al portatore e ciò significa che il beneficiario può pretendere subito il pagamento della somma indicata nell’assegno.
L’utilizzo dell’assegno quale garanzia per l’adempimento di una obbligazion è una prassi commerciale errata, che pone le parti a determinati rischi.
Il patto di garanzia sottostante all’obbligazione è nullo e pertanto colui che ha concesso il titolo in garanzia può pretenderne la restituzione e, se l’assegno è stato incassato, può pretendere la restituzione delle somme, se soggetto diverso dal debitore principale.
A tal proposito, questi principi sono stati enunciati da una storica sentenza della suprema corte di Cassazione (Cass. Civ. 24/05/2016 n. 10710), secondo cui: “L’emissione di un assegno in bianco o postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia – nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del r.d. n. 1736 del 1933 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume, enunciato dall’art. 1343 c.c.”