Cognome ai figli: illegittimo attribuire il solo cognome del padre

La Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, in data 27 aprile 2022 ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano, nell’ordinamento italiano, l’attribuzione del cognome ai figli.

Vediamo in sintesi cosa ha deciso la Corte Costituzionale in attesa del deposito della sentenza che ha dichiarato la illegittimità costituzionale della attribuzione del solo cognome paterno ai figli.

La questione di legittimità costituzionale

La questione, sollevata  dal Tribunale ordinario di Bolzano, riguardava la legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile che, nel dettare la disciplina del cognome del figlio nato fuori dal matrimonio, prevede che “Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre”.

La disposizione è stata censurata nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno.

A questo punto la Corte Costituzionale ha sollevato dinanzi a sé  con la ordinanza n. 18 del 2021 la questione di legittimità costituzionale ampliando la questione , così operando la c.d. autorimessione “alla luce del rapporto di presupposizione e di continenza” con la questione specifica dedotta dal giudice rimettente.

Ha  ritenuto infatti di dover affrontare l’esame pieno del sistema nel quale le norme denunciate sono inserite.

La Corte dunque si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori.

Ad oggi siamo in attesa del deposito della sentenza della Corte Costituzionale, ma dal comunicato stampa pubblicato sul sito della Corte emerge che le norme censurate sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

cognome ai figli

La decisione della Corte

La Corte ha infatti ritenuto discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre.

Infatti, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale sulla base del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio.

Pertanto, la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.

In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.

La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi.

Ha poi affermato che è compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione.

La Consulta era stata già chiamata, in più occasioni, a valutare la legittimità costituzionale della disciplina, in riferimento sia al principio di parità dei genitori, sia al diritto all’identità personale dei figli, sia alla salvaguardia dell’unità familiare.

Sin da epoca risalente, è stata evidenziata la possibilità di introdurre sistemi diversi di determinazione del nome, egualmente idonei a salvaguardare l’unità della famiglia, senza comprimere l’eguaglianza e l’autonomia dei genitori (ordinanze n. 586 e n. 176 del 1988).

In tempi più recenti, è stato espressamente riconosciuto che «l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna» (ordinanza n. 61 del 2006).

E’ stato poi osservato sin da epoca risalente che la prevalenza attribuita al ramo paterno nella trasmissione del cognome non può ritenersi giustificata dall’esigenza di salvaguardia dell’unità familiare, poiché “è proprio l’eguaglianza che garantisce quella unità e, viceversa, è la diseguaglianza a metterla in pericolo”, in quanto l’unità “si rafforza nella misura in cui i reciproci rapporti fra i coniugi sono governati dalla solidarietà e dalla parità” (sentenza n. 133 del 1970).

Sulla base di tutte queste considerazioni la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla illegittimità costituzionale.