Il caso riguarda la sottrazione delle chiavi di accensione all’autista di un bus : per i giudici è violenza privata.
Il caso davvero singolare si è verificato allorquando l’imputato si era impossessato delle chiavi di accensione del bus, spegnendo il motore e impedendo all’autista di ripartire e proseguire il servizio.
La Cassazione penale
Con sentenza n. 15276 del 2022 la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di appello che aveva visto la condanna per violenza privata nei confronti del soggetto che aveva sottratto le chiavi all’autista dell’autobus.
La difesa ha tentato di sostenere che l’imputato si sarebbe limitato a prendere le chiavi dell’autobus, tenendole per pochi istanti e restituendole subito dopo.
In una simile condotta non potrebbe ravvisarsi alcuna coartazione della libertà psichica del conducente dell’autobus, per la difesa. Di diverso avviso il giudice di merito e successivamente la Cassazione che ha confermato la condanna.
Il reato di violenza privata
L’art. 610 c.p. rubricato “violenza privata” stabilisce che “Chiunque, con violenza o minaccia , costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339.”
La motivazione della Cassazione
I giudici di merito hanno ritenuto provato che l’imputato con fare prepotente e senza alcuna autorizzazione, si era impossessato delle chiavi di accensione del bus, spegnendo il motore del mezzo e impedendo all’autista, per alcuni minuti, di ripartire per proseguire il suo servizio di trasporto di linea.
Come ha sostenuto, correttamente, la Corte di appello, tale condotta è riconducibile al reato di cui all’art. 610 c.p., dato che l’impossessamento violento delle chiavi del mezzo genera una costrizione nel conducente del mezzo stesso, il quale perde, sia pure temporaneamente, il potere di utilizzo del veicolo e, quindi, di riprendere la marcia, così da subire una limitazione della propria libertà psichica.