Se la moglie era in cura dallo psicologo prima della rottura del matrimonio il tradimento non può valere l’addebito della separazione
I problemi psicologici vissuti dalla donna e frutto della situazione di conflitto col marito pongono su un piano no rilevante dal punto di vista giuridico nella separazione il tradimento da lei compiuto durante il matrimonio. Impossibile perciò addebitarle la separazione.
In Corte d’Appello la decisione dei giudici di fatto revoca l’addebito inizialmente riconosciuto dal Tribunale territoriale a carico della donna. In linea con quanto espresso e discusso lungamente dalla giurisprudenza, il tradimento ai danni del marito, non sarebbe stata la causa della frattura coniugale, bensì la conseguenza, sopravvenuta nel rapporto “quando era già in atto una profonda frattura del sodalizio coniugale”, apice di una crisi vissuta dalla donna a seguito del forte conflitto col coniuge che l’aveva portata anche a rivolgersi a degli specialisti.
Cassazione: conferma la crisi antecedente
L’uomo proponeva ricorso in Cassazione sostenendo che “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà è circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge fedifrago”.
A “prova di una crisi matrimoniale”, proprio un percorso di cure del quale veniva presentata prova tramite referto, effettuato a sostegno dello stato psicologico della donna e che risultava essere precedente all’infedeltà della donna.
La crisi era stata supportata da specialisti
Viene confermata dai Giudici della Cassazione la formulazione in Appello, rilevando proprio dai referti “una profonda crisi della donna”, che veniva avallata anche dalle “sue richieste di supporto ad un Centro di antiviolenza sulle donne nonché a un Servizio di Psicologia di un’azienda ospedaliera proprio per risolvere le situazioni di conflitto con il marito”.
Considerate un ulteriore conferma poi “le ammissioni dell’uomo in ordine ad un cambiamento nelle abitudini della moglie negli ultimi tre anni di matrimonio”, ammissione che valgono, secondo i Giudici, come “prova logica in ordine alla conoscenza, da parte dell’uomo, del precario stato psicologico della consorte”.
Concorde quindi la conclusione circa “l’esistenza di una crisi matrimoniale in atto” in epoca antecedente al tradimento della moglie.