Se la moglie non ha lavorato per la famiglia le spetta l’assegno di divorzio

Spetta un assegno di divorzio commisurato all’impegno per la famiglia al coniuge che ha rinunciato al lavoro per essa

Ancora una volta la Cassazione torna ad occuparsi di diritto di famiglia e nello specifico di cessazione degli effetti civili del matrimonio. In particolare il focus porta alla luce nuovamente le contese sul tanto dibattuto assegno divorzile e la sua spettanza. Questa volta la ex ormai più avanti dell’età punta a far valere i sacrifici fatti in costanza di matrimonio delle sue aspettative lavorative a favore del buon funzionamento del menage famigliare. Spetta una quota significativa alla donna in forza del proprio apporto ottenuto mettendo non poco da parte le proprie aspirazioni? L’argomento è non poco calcato già in precedenza,  così anche questa volta, la Cassazione nell’ordinanza n. 6002/2022, ribadisce la natura perequativa – compensativa dell’assegno di divorzio che andrebbe quindi proprio per valorizzare anche il contributo del coniuge richiedente.

La vicenda processuale

Il Tribunale territoriale di prima istanza, al termine di una causa di divorzio pone a carico dell’ex marito l’obbligo di riconoscere alla moglie un assegno di divorzio di 500 euro al mese. La decisione viene tuttavia ribaltata dalla Corte d’Appello che revoca l’assegno.

L’assegno ha anche natura perequativa-compensativa

La moglie ricorre quindi in Cassazione sollevando 5 motivi. Ciò che rileva, ai fini di questa trattazione, è il secondo lamentato  dalla ricorrente, la quale deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 della legge n. 898/1970 perché nel revocarle l’assegno la Corte d’Appello non ha tenuto conto della funzione perequativa – compensativa della misura disposta in suo favore. La stessa durante i 25 anni di matrimonio si è dedicata a seguire la famiglia, rinunciando pertanto a svolgere un’attività lavorativa, si evidenzia nel ricorso anche la sproporzione di risorse tra la stessa e l’ex marito, delle sue condizioni fisiche e del suo livello d’istruzione, che non renderebbero possibile e comunque non semplice la ricerca di un nuovo impiego.

Assegno: si se il richiedente che si è preso cura della famiglia

La Cassazione richiama come già le SU hanno affermato che l’assegno di divorzio possiede anche una funzione compensativa e perequativa e che il giudizio, anche se deve muovere da una valutazione comparativa delle condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi, deve anche dare valore all’apporto dato, dal coniuge richiedente, in costanza di matrimonio alla formazione del patrimonio familiare e di ciascuno dei coniugi, valorizzando e curando la famiglia nelle necessità che si sono presentate.  Sottolinea inoltre l’età del coniuge richiedente che giustificherebbe ancor di più la misura. L’assegno deve garantire inoltre al beneficiario il raggiungimento dell’autosufficienza economica. La Cassazione reputa pertanto errata la valutazione della Corte d’Appello, in quanto viene trascurato quanto argomentato nel disposto di revoca dell’assegno di divorzio, che il giudice di primo grado aveva invece riconosciuto alla moglie.