L’avvocato non sempre può essere pagato dall’amministratore di sostegno

L’amministratore di sostegno non può approvare i compensi professionali che eccedono i tariffari stabiliti

L’ordinanza della Corte di Cassazione del 16 febbraio 2022 e depositata il successivo 7 marzo 2022, da alla luce un principio giurisprudenziale importante in materia di amministrazione di sostegno.

L’amministratore di sostegno può pagare l’avvocato dell’amministrato?

La fattispecie si generava dall’opposizione promossa in Corte d’Appello di Venezia promosso da un beneficiario di amministrazione di sostegno avverso al decreto ingiuntivo in favore del suo precedente legale, emesso dal Tribunale di Vicenza e che ordinava il pagamento in favore dell’avvocato l’importo di oltre 98.000 € a titolo di competenze maturate e pattuite per l’attività professionale per una pratica stragiudiziale con la quale il professionista aveva seguito la liquidazione dei danni subiti dal suo assistito a seguito di incidente stradale. Il contratto di incarico professionale sottoscritto bilateralmente prevedeva che in favore del professionista, in aggiunta al compenso previsto dalle tariffe professionali, fosse erogato anche un importo pari al 10% della somma che fosse stata riconosciuta al cliente dalla compagnia assicurativa.

Il giudice tutelare deve intervenire?

La Corte d’ Appello accoglieva il ricorso di fatto accogliendo l’opposizione, poiché  il Tribunale riteneva che, la stipula di questo contratto professionale a firma della madre del soggetto amministrato e amministratrice di sostegno, rientrava nei poteri di ordinaria amministrazione e non necessitava dell’autorizzazione del giudice tutelare.

L’Appello respinge il Decreto ingiuntivo

Al contrario, i giudici d’Appello ritenevano che contratto fosse nullo, nella parte in cui prevedeva un compenso aggiuntivo del 10% in caso di successo, poiché in questo caso si trattava invece di un atto di straordinaria amministrazione e per questo invece sorgeva la necessità di autorizzazione del giudice tutelare. Di conseguenza, non si poteva trattare di un atto rivolto alla conservazione del patrimonio (scopo dell’amministrazione di sostegno), ma di un atto di straordinaria amministrazione la cui autorizzazione doveva essere espressamente richiesta al giudice tutelare, il quale avrebbe dovuto rilasciarla espressamente, atteso che fossero ravvisati i presupposti.

L’ex avvocato dell’amministrato pertanto ricorreva in Cassazione 

La Suprema Corte riceveva ed esaminava tutti i sette motivi di ricorso, dichiarandoli inammissibili o infondati nel merito. La Cassazione ribadisce in primis, che compito dell’amministratore di sostegno è la conservazione del patrimonio dell’amministrato. Nel caso in esame, secondo la Suprema Corte, la sentenza della Corte d’ Appello ha ben interpretato l’atto in questione, avendo ritenuto che con il riconoscimento di una somma ulteriore oltre al normale compenso si era posto in essere un atto di straordinaria amministrazione, pertanto non valido, in quanto non era intervenuta alcuna specifica autorizzazione del giudice tutelare.

Conclusioni

L’autorizzazione del giudice tutelare quindi, in ordine al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte dell’amministratore che abbia esclusivamente l’esercizio dei poteri ordinari, sarà concessa tenendo conto degli effetti economici dell’atto autorizzato. Attesi detti principi, la Corte rigettava il ricorso confermando la sentenza della Corte d’appello territoriale.