L’ammissione al gratuito patrocinio può essere revocata

Il patrocinio a spese dello Stato può essere revocato in alcuni casi, anche nel corso o alla fine del procedimento

Una volta ottenuta l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, possono accadere dei fatti successivi che impongono la revoca del provvedimento, con la conseguenza che il soggetto previamente ammesso, potrebbe essere costretto a sopportare i costi del procedimento già anticipati dallo Stato.

L’art. 136 del D.P.R. 115/2002 stalisce difatti che “se nel corso del processo sopravvengono modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio, il magistrato che procede revoca il provvedimento di ammissione. Con decreto il magistrato revoca l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati, se risulta l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. La revoca ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato; in tutti gli altri casi ha efficacia retroattiva“.

Relativamente ai requisiti redditali, con la pronuncia n.  65/2013, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in ordine all’interpretazione dell’articolo 136, comma 3, del Dpr 115/2002, il quale, con riferimento alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in caso di modifiche delle condizioni reddituali sopravvenute nel corso del processo, dispone che la stessa ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato; in tutti gli altri casi ha efficacia retroattiva”.

In senso conforme, si sono espresse anche le sentenze n. 5364/2010 e n. 23635/2011 della Corte di Cassazione.

Un’altra ipotesi di revoca del beneficio, da considerarsi dunque retroattiva, è la palese infondatezza dell’azione, posta in essere con mala fede o con colpa grave (sia agendo e sia resistendo in giudizio).

In questo caso, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 220/2009, il legislatore ha previsto sia una valutazione ex ante del requisito della non manifesta infondatezza (da compiersi al momento della presentazione della domanda, con rigetto della stessa nei casi in cui, sin dall’origine, l’istante voglia far valere una pretesa palesemente infondata); sia la revoca, ex post, della ammissione al beneficio quando, a seguito del giudizio, risulta provato che la persona ammessa ha agito o resistito con mala fede o colpa grave.