Badanti: Niente lavoro straordinario nei fine settimana

Badanti: la permanenza a casa dell’assistita nei fine settimana non configura il lavoro straordinario

Questione

Nelle famiglie in cui sono presenti degli anziani, specie se non autosufficienti, è spesso complicato prendersi cura di loro, a causa di impegni lavorativi, familiari e personali.

Le badanti costituiscono quindi una figura fondamentale nelle famiglie degli italiani per accudire le persone più bisognose del nucleo.

Nel corso degli anni c’è stata un’attenzione sempre maggiore alla contrattualistica di tali figure assistenziali, anche con importanti agevolazioni economiche e fiscali.

Spesso però, ci sono delle situazioni che possono determinare incertezza in ordine alla gratuità o meno della prestazione.

Può accadere infatti che la badante si trattenga qualche ora in più, oppure, nei casi in cui ci sia anche una convivenza, che la permanenza sia una libera scelta della lavoratrice.

Di un tale caso si è occupata la Suprema Corte di Cassazione.

L’ordinanza della Corte

Con ordinanza n. 28703/20, la Suprema Corte di Cassazione, sezione VI civile, si è occupata della configurabilità del lavoro straordinario nel rapporto di lavoro domestico.

Il caso riguardava la richiesta di differenze retributive effettuata da una collaboratrice domestica a tempo pieno e in regime di convivenza presso la famiglia per esigenze assistenziali della madre non autosufficiente.

La badante proponeva ricorso per Cassazione avverso la decisione del giudice di secondo grado con più motivi contestando la volontarietà e la gratuità delle prestazioni lavorative effettuate nei giorni festivi.

La Corte di Cassazione, ha confermato la decisione della Corte di Appello che aveva escluso che nei fine settimana fosse stata prestata attività lavorativa da parte della badante.

LEGGI ANCHE: Sicurezza sul lavoro: il datore non è sempre responsabile

La badante infatti, era rimasta, anche dopo la morte dell’assistita, a convivere nella casa virtù di un contratto di comodato d’uso gratuito concessole dai familiari.

Inoltre, nei giorni contestati, era sempre il figlio dell’assistita non convivente ad occuparsi della madre.

L’ordinanza ribadisce il principio fondamentale stabilito dall’art. 2697 c.c. per cui è il lavoratore che ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l’insufficienza, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolto, senza che eventuali ammissioni del datore di lavoro siano idonee a determinare una inversione dell’onere della prova.