Nel caso esaminato di tentata rapina al supermercato per la Cassazione l’espressione “tanto non mi puoi fare un ca… perché ho l’aids e se mi tocchi ti contagio” appare priva di concreta ed effettiva valenza intimidatoria.
Il caso
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza che lo ha visto condannare per tentata rapina di merce sottratta all’interno de supermercato.
In particolare, al ricorrente era stato contestato di essersi rivolto con fare minaccioso all’indirizzo del vigilante del supermercato che lo aveva bloccato al momento della sottrazione di numerosa merce al pagamento rivolgendogli l’espressione:” tanto non mi puoi fare un ca… perché ho l’aids e se mi tocchi ti contagio”.
La Cassazione penale con sentenza n. 5647 del 2022
La Cassazione accoglie il ricorso evidenziando che al fine di integrare la minaccia quale elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 628 c.p. è sufficiente qualsiasi comportamento o atteggiamento verso il soggetto passivo idoneo ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto.
Più recentemente è stato ripetutamente ribadito come la minaccia necessaria ad integrare l’elemento oggettivo della rapina può consistere in qualsiasi comportamento deciso, perentorio e univoco dell’agente che sia astrattamente idoneo a produrre l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale del soggetto passivo.
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Valenza intimidatoria della frase contestata
Nel caso esaminato la Cassazione esclude che la frase rivolta all’indirizzo del vigilante dell’esercizio commerciale appare priva di concreta ed effettiva valenza intimidatoria.
Nel capo di imputazione viene infatti contestata la fattispecie di rapina in relazione alla minaccia che l’imputato avrebbe rivolto all’indirizzo della vittima, dopo l’impossessamento di beni dal supermercato, rappresentando allo stesso l’impossibilità di essere fisicamente bloccato perché, un’azione del genere, avrebbe esposto il vigilante al contagio dell’AIDS, sindrome da immunodeficienza da cui risultava affetto lo stesso ricorrente.
Per la Cassazione è notorio che tale patologia non è trasmissibile per mero contatto fisico, occorrendo il contatto con il plasma infetto, così che, avere rappresentato all’addetto alla vigilanza la possibilità di contagio per mero contatto non può comportare alcun concreto effetto intimidatorio.
Da ciò consegue l’accoglimento del ricorso anche considerato che nè in occasione dell’alterco all’interno del supermercato nè immediatamente dopo l’imputato ha posto in essere azioni violente o minacciose tali da potere concretamente arrecare danno alla sfera psicologica della vittima od alla sua integrità fisica.
I fatti devono pertanto essere ricondotti all’ipotesi del furto aggravato.