Tabelle millesimali: lo stop della Cassazione

Condominio: non si possono deliberare criteri nuovi e disomogenei in assemblea. Non della Cassazione sulle millesimali

Sulla revisione delle tabelle millesimali è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza 1059/2022. Un condomino ricorre avversa sentenza del Tribunale che aveva confermato la revisione delle tabelle condominiali avvenuta nel suo condominio.

Il ricorrente, a seguito di un recupero del sottotetto, aveva incrementato la superficie del suo immobile da 204 a 311 mq. Tuttavia, le tabelle millesimali originali non erano state determinate utilizzando la superficie reale delle unità immobiliari, utilizzata proprio nella revisione, ma  rapportandola solo ad un’unica unità immobiliare. I parametri utilizzati risultavano pertanto non omogenei.

Criteri non univoci sui millesimali: il limite

Gli Ermellini hanno confermato che il nuovo criterio di ripartizione approvato dall’assemblea sarebbe stato viziato da contraddizione e illogicità in quanto solo per alcune unità immobiliari veniva  utilizzata l’unità di misura della consistenza rapportandola al vano.

Si chiarisce così un principio molto interessante in materia condominiale, ossia, che l’ “impossibilità giuridica dell’oggetto” si ha “ove l’assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifichi i criteri di ripartizione delle spese, stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini, da valere – oltre che per il caso oggetto della delibera – anche per il futuro”.

Le attribuzioni dell’assemblea in tema di ripartizione delle spese condominiali sono circoscritte alla verifica ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre modifiche ai criteri legali di riparto delle spese, che l’art. 1123 cod. civ. consente solo mediante apposita convenzione tra tutti i partecipanti al condominio.

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Dunque, l’assemblea che deliberi a maggioranza di modificare, i criteri previsti dalla legge o quelli convenzionalmente stabiliti applicherebbe un “difetto assoluto di attribuzioni”.