Contratto di locazione: possibile l’azione revocatoria

Il creditore può esperire vittoriosamente l’azione revocatoria anche in caso di locazione dell’immobile a canone irrisorio

Molto spesso il debitore tenta di sottrarre al creditore il proprio patrimonio, anche al fine di rendere, di fatto, non opportuna una azione esecutiva sull’immobile di proprietà, cercando dunque di diminuirne sensibilmente il valore.

Ai sensi dell’art. 2901 c.c.il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni […]“.

Dunque, ogni atto a titolo gratuito è revocabile (si pensi, ad esempio, ad una donazione in favore del coniuge o dei parenti stretti) mentre per gli atti a titolo oneroso è richiesto al creditore di provare il consilium fraudis, ossia la conoscenza da parte dell’acquirente a titolo oneroso della volontà di sottrarre il bene, quale garanzia, al creditore.

La giurisprudenza ha pacificamente ammesso anche la revocabilità dei contratti di locazione, soprattutto quelli ultranovennali (i quali debbono essere trascritti) qualora il canone concordato tra le parti sia irrisorio (c.d. canone vile).

La decisione del Tribunale di Verona del 13.05.2020

A tal proposito occorre segnalare una ordinanza del Tribunale di Verona emessa in sede di opposizione agli atti esecutivi di una esecuzione immobiliare promossa da una Banca nei confronti di un debitore che aveva locato il proprio bene ad un canone reputato non congruo rispetto ai valori di mercato.

In siffatta ipotesi il Giudice dell’esecuzione ha reputato non opponibile alla procedura esecutiva il contratto in essere, con l’effetto di procedere alla vendita all’asta l’immobile completamente libero, senza tenere conto del contratto trascritto in epoca antecedente al pignoramento.

ll giudice dell’esecuzione ha rilevato che la viltà del canone della locazione ex art. 2923, terzo comma, c.c. ha come corollario la valutazione, sulla base di una presunzione iure et de iure, che le parti abbiano stipulato la locazione in frode all’aggiudicatario e ai creditori (i quali ultimi hanno evidentemente tutto l’interesse a farsubastare il bene come libero per consentire la sua aggiudicazione ad un corrispettivo più alto).

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È proprio sulla base di questa presunzione che la norma considera la locazione a canone vile automaticamente inopponibile ai terzi (aggiudicatario e creditori) senza necessità di esperire un giudizio di cognizione ordinario nell’ambito del quale dimostrare la sussistenza degli altri e più gravosi presupposti per la pronuncia di revoca ex art. 2901 c.c.

La pattuizione di un canone incongruo comporta, infatti, di per sé la valutazione che le parti abbiano concluso un contratto pregiudizievole nella consapevolezza di arrecare un danno ai creditori del locatore: non occorre la statuizione del giudice di cognizione né la dimostrazione di quale fosse in concreto lo stato soggettivo dei contraenti.