L’Autorità Garante per la Privacy chiede di non diffondere dati che possano rendere identificabili una vittima di violenza sessuale
Nel corso degli anni l’Autorità Garante per la Privacy è più volte intervenuta con provvedimenti sanzionatori al fine di salvaguardare i dati sensibili di vittime di violenza sessuale in casi aventi rilevanza nazionale.
Il discrimine circa l’utilizzabilità e la diffusione di tali dati è sempre rappresentato dall’eventuale autorizzazione al trattamento concesso dalla vittima stessa.
A volte le vittime scelgono consapevolmente la strada della pubblicità della notizia per varie finalità: ricerca testimoni per rintracciare il colpevole od i colpevo, sensibilizzazione dell’opinione pubblica, richiesta di modifica dell’attuale struttura della pena prevista per tale reato, richiesta di inasprimento delle pene.
Molte volte però la vittima preferisce rimanere nell’anonimato, cercando solamente di dimenticare il più presto possibile tutti i dettagi della vicenda vissuta.
In tutti questi casi, al fine di ottenere una tutela relativa alla riconducibilità, in articoli di cronaca, alla vittima, l’Autorità Garante ha inibito la diffusione di dettagli atti a far riconoscere il nominativo e la persona del soggetto che ha subito la violenza.
Nel disporre i divieti il Garante ha ritenuto che, come prevedeva il Codice e tuttora dispone il nuovo testo introdotto dal decreto legislativo 101/2018, in caso di diffusione o di comunicazione di dati personali a fini giornalistici, restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti e delle libertà delle persone e, nello specifico, il limite dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.
LEGGI ANCHE: Contro la violenza gratuito patrocinio senza limiti di reddito
Questo limite deve essere interpretato con particolare rigore in caso di notizie che riguardano vittime di violenza sessuale alle quali l’ordinamento accorda, anche in sede penale, una particolare forma di tutela.
La diffusione di informazioni che rendono identificabile la vittima risulta in contrasto anche con le esigenze di tutela della dignità della persona offesa, riconosciuta dal Codice deontologico dei giornalisti.