Il reato di illecita occupazione di immobile è espressamente previsto anche in caso di grave situazione economica dell’occupante
Il reato di occupazione abusiva è previsto dall’art. 633 c.p. e punisce colui che invade arbitariamente terreni od edifici, con pene aumentate se l’occupazione è di pià di cinque persone oppure se è posta in essere da persone palesemente armate.
L’illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare una qualsiasi soluzione delle esigenze abitative dell’occupante e della sua famiglia.
Più volte la Corte di Cassazione ha confermato condanne in caso di occupazioni di immobili del comune, anche da parte di persone nullatenenti oppure di persone con minori o con invalidità accertata (Cassazione penale sez. II, 02/05/2019, n.25225).
Le statuizioni civilistiche
L’ccupazione abusiva di immobile, dal punto di vista civilistico, cagiona un danno al proprietario, sia privato che pubblica amministrazione, ed il danno consiste nel mancato utilizzo del bene.
Il danno che subisce colui che patisce la perdita del diritto è in re ipsa perché collegato all’indisponibilità di un bene normalmente fruttifero e quindi oggetto di una presunzione relativa e non assoluta, che pone a carico di chi ha illegittimamente espropriato il bene l’onere di provare che il bene non è suscettibile di produrre reddito. (Cassazione civile sez. VI, 07/01/2021, n.39 – Tribunale Torino sez. II, 18/02/2021, n.791 – Tribunale Palermo sez. V, 08/01/2021, n.35)
In tutti questi casi si configura dunque una inversione dell’onere della prova poichè l’occupante deve provare che l’immobile non sarebbe stato, in assenza di occupazione, idoneo a produrre reddito.
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Nonostante la recente sentenza della Corte di Cassazione sopra enunciata sembri aderire a questo orientamento, si segnala però orientamento di senso contrario da parte della Corte d’Appello di Genova (15/10/2020, n.882) la quale statuisce che “il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente “in re ipsa” e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno -conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti“.