L’art. 230 c.p.c. prevede, quale mezzo di prova l’interrogatorio formale, diretto a provocare la confessione della parte.
La Norma prevede: “L ‘interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell’ordinanza che lo ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, a eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date.”
L’interrogatorio formale è un mezzo di prova, quindi, diretto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli al confitente e ad esclusivo vantaggio del soggetto deferente.
La mancata risposta e quindi la mancata presentazione all’interrogatorio, comporta l’ammissione dei fatti a sè sfavorevoli.
L’interrogatorio formale può essere reso solo dalla parte che sia legittimata a rendere la confessione ai sensi degli artt. 2730 e 2731 c.c.. La parte deve avere il libero esercizio del diritto conteso.
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Se la parte è priva della capacità di disporre di tale diritto, spetta al suo rappresentante legale costituito in giudizio rendere l’interrogatorio.
Nel caso di curatela, l’interrogatorio va reso personalmente dall’inabilitato o dal minore emancipato, con l’assistenza del curatore.
L’interrogatorio formale può essere reso anche da soggetto con procura speciale e quindi la parte può aver conferito mandato in tal senso ad un terzo.