Anche i regali e le frasi d’amore non gradite integrano il reato di stalking, purchè provochi un grado significativo di disequilibrio psicofisico della vittima
La Cassazione con la sentenza n. 42659/2021 offre nuovi spunti giurisprudenziali sul reato di stalking partendo dalla fattispecie esaminata.
I fatti
In Appello veniva confermata la decisione di primo grado con la quale l’imputato veniva condannato per il reato di atti persecutori, anche se la pena è stata rideterminata in senso migliorativo.
Il ricorso in Cassazione
A questo punto l’imputato decide di ricorrere in Cassazione a fine di richiedere che sia riformata la sentenza di Appello lamentando quanto segue:
- Sostiene intanto con il primo motivo che il delitto di atti persecutori non è integrato in quanto il giudice non ha rilevato l’evento dannoso: in buona sostanza secondo l’imputato lui stesso si sarebbe solo avvicinato alla persona offesa senza mai mettere in atto atteggiamenti persecutori o minacciosi.
- Lamenta nel secondo motivo che la Corte non ha inoltre accertato in modo rafforzato, come previsto, l’attendibilità della persona offesa, unica fonte di prova del reato contestato.
- Infine nel terzo motivo, lamenta il mancato e ingiustificato riconoscimento infine delle attenuanti generiche, nonostante la riduzione della pena, in conseguenza del breve periodo in cui si sono realizzate le condotte di contenuta gravità.
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Regali e frasi d’amore sono stalking laddove, indesiderati, provochino malessere nella vittima
La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile perché il primo motivo è generico e non è correlato alle ragioni della decisione. Si ricorda che l’imputato non solo ha rivolto alla vittima regali e frasi d’amore, entrambi indesiderati, ma, in diverse occasioni, si è appostato e ha seguito la persona offesa nei luoghi in cui la stessa doveva recarsi.
Inammissibile anche il secondo motivo perché le dichiarazioni della persona offesa rilevano come fondamento della decisione relativa alla penale responsabilità dell’imputato, dopo avere appurato la credibilità del dichiarante e l’attendibilità del suo racconto. Racconto che viene sottoposto per questo a un controllo più rigoroso rispetto alle dichiarazioni di un testimone. Inammissibile anche il terzo e ultimo motivo perla Corte di Cassazione sulla base del fatto che la riduzione della pena non comporta in automatico il riconoscimento delle attenuanti generiche.