L’avvocato: quando è indebito arricchimento l’onorario

Costituisce indebito arricchimento, se un avvocato percepisce una soma di danaro dal cliente, pur non avendo svolto la prestazione professionale corrispondente all’onorario richiesto (e il tutto per ammissione del professionista stesso. E’ quanto stabilito dalla Corte di merito di primo e secondo grado e confermato poi dalla Cassazione con ordinanza n. 36126/2021, in merito ad una vicenda nel quale i giudici si trovavano a decidere proprio sulla fattispecie anzi descritta.

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I fatti: il cliente lamenta l’indebito arricchimento dell’avvocato

Un avvocato viene condannato in sede di appello alla restituzione in favore dell’appellante della somma di € 19.000,00. Questo avveniva perché veniva riconosciuto, dopo la dichiarazione con cui l’avvocato ha ammesso di non avere svolto l’incarico professionale conferitogli dal cliente, indebito arricchimento dello stesso professionista, che trattenendo in forma appunto indebita la somma, avrebbe causato il depauperamento per lo stesso importo del cliente.

L’avvocato a questo punto presentava le sue doglianze presso la Corte di Cassazione adducendo pertanto i seguenti motivi:

  • mancata acquisizione del fascicolo di primo grado in sede di gravame con conseguente omessa valutazione dell’ordinanza di archiviazione del procedimento penale intrapreso nei suoi confronti, poiché poteva ravvedersi che la somma versata poteva essere qualificata come parcella per le attività comunque svolte fino a quel momento;
  • mancata considerazione delle risultanze emerse dal fascicolo penale, ossia che il cliente non aveva pagato per le prestazioni professionali fornite, pertanto il professionista tratteneva la somma a saldo degli onorari dovuti;
  • accoglimento di una domanda diversa da quella che l’attore aveva in realtà avanzato nell’atto introduttivo da parte della Corte. L’attore ha infatti invocato solo l’art. 2033 c.c, che disciplina l’indebito oggettivo, negando, in contrasto con i documenti prodotti in giudizio, ogni rapporto con lo stesso per prestazioni legali.La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Dei primi due motivi, trattati congiuntamente, ne viene dichiarata e spiegata l’infondatezza, perché la mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado non è condizione essenziale per ritenere valido o meno il secondo grado di giudizio. E’ corretto ritenere si che esso crei un difetto di motivazione se dal fascicolo il giudice del gravame “avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde, e che è onere del ricorrente esplicitare, riproducendone specificamente in ricorso le relative emergenze.”

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Infondato però anche il terzo motivo perché non è tra le competenze del giudizio legittimità sindacare su quanto rilevato.

Pertanto è confermata la decisione che vede condannare l’avvocato per indebito arricchimento.