La donna è obbligata ad avvertire il partner della gravidanza

In caso di rottura di una relazione e successiva gravidanza, la donna è obbligata ad avvertire l’ex partner della nascita del figlio

Succede spesso che le relazioni tra due persone terminino e che vi sia un repentino allontanamento e succede spesso alla donna di scoprire, solo successivamente, di aspettare un bambino.

Nel caso in cui la stessa decida di portare a termine al gravidanza, deve avvertire l’ex partner di tale circostanza, in quanto sussiste un obbligo giuridico per l’uomo di esercitare il proprio ruolo di padre.

La Corte di Cassazione si è occupata, nel corso degli anni, di molteplici casi di questo genere, andando a delineare un orientamento molto chiaro in merito al comportamento della donna che ometta di comunicare la nascita del figlio all’ex.

Tra le sentenze emesse di recente, vale la pena di soffermarsi sulla sentenza n. 8459 depositata in data 5 maggio 2020 con la quale la Corte, pur rigettando nel merito il ricorso del padre, ribadisce un importante principio di diritto: il comportamento omissivo della donna è risarcibile ex art. 2043 c.c. in quanto viene leso il diritto del’uomo a partecipare attivamente alla vita del figlio ed alle scelte fondamentali che coinvolgono la vita di quest’ultimo. Modifica visibilità

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Precisa la Corte che non sussiste un vero e proprio obbligo di comunicazione da parte della madre ma, nonostante l’assenza di una norma ad hoc, il comportamento omissivo posto in essere dalla madre può tradursi in una condotta illegittima atta a cagionare un “danno ingiusto” concretamente risarcibile e dunque “la omessa informazione  dell’avvenuto concepimento, da parte della donna, consapevole della paternità, pure in
assenza di una specifica prescrizione normativa impositiva di tale obbligo di condotta (non rinvenibile nelle norme che legittimano al riconoscimento il padre naturale od in quelle del D.P.R. n. 396 del 2000, che prescrivono l’obbligo di denuncia della nascita), può allora tradursi in una condotta “non jure” ove non risulti giustificata da un oggettivo apprezzabile interesse del nascituro , in quanto in astratto suscettibile di determinare un pregiudizio all’interesse del padre naturale ad affermare la propria identità genitoriale, qualificabile come “danno ingiusto”, e che viene ad integrare, nel ricorso dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, la fattispecie della responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c.“.