Condannabile per vilipendio colui che rimuove dalla tomba di una defunta ceri e fiori, anche se la gestualità è priva di ogni violenza
Secondo la sentenza della Cassazione n. 43093/2021 il reato di vilipendio non si configura solo ove la condotta che denota mancanza di rispetto verso le tombe e i luoghi in cui si trovano si svolga con violenza. Per compiersi la fattispecie di reato in questo caso si richiede che il sentimento di pietas comune avvertito nei confronti dei defunti sia violato.
I fatti: condanna per vilipendio in primo e secondo grado
Un uomo viene condannato sia in primo grado che in sede d’appello per il reato di cui all’art. 408 c.p, ossia atti di vilipendio, compiuti ai danni della tomba di una defunta seppellita nel cimitero del comune di Omegna (VB).
L’uomo pertanto decide di ricorrere in Cassazione la lamentando i motivi seguenti:
- Con il primo lamenta avversa deduzione nella sentenza di Appello, la mancanza dell’elemento oggettivo del reato poiché le condotte sono state ricondotte al reato di vilipendio solo per la loro ripetitività.
- Con il secondo lamenta diversamente da quanto valutato la mancanza dell’elemento soggettivo del reato perché i gesti non sono stati violenti o dispregiativi.
- Con il terzo rileva l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dei danni morali riconosciuti alle parti civili, parenti non conviventi della defunta.
Per la Cassazione è vilipendio
La Cassazione rigetta il ricorso ritenuto nel complesso manifestamente infondato.
La Corte esamina i primi motivi del ricorso congiuntamente, perché connessi rilevandone la infondatezza, perché ripropongono le stesse doglianze già sollevate in sede di appello e sulle quali il giudice competente ha emesso sentenza ovvero sollevano motivi di fatto mai devoluti al giudice di merito di secondo grado.
Sull’art.. 408 c.p. invece chiarisce che lo stesso contempla il reato contestato, in quanto l’ oggetto di tutela è la “pietas” dei defunti, ossia il sentimento individuale e collettivo che si manifesta con il rispetto non necessariamente religioso, verso i defunti e le cose che sono destinate al loro culto nei cimiteri e nei luoghi di sepoltura.
LEGGI ANCHE: Animali e dipartita: al momento del distacco dove è consentita la sepoltura
Elemento oggettivo
Si considera pertanto vilipendio, ogni atto da cui si evince disprezzo delle cose appunto usate per il culto dei morti, come croci immagini, fiori e lampade, così come cose destinate all’ornamento o difesa dei cimiteri. Il delitto quindi è previsto per tutelare il rispetto per il luogo di sepoltura, non solo e non tanto il defunto in sé. Per gli Ermellini pertanto è sufficiente che vi sia una violazione della suddetta pietas e non necessario che si debba necessariamente ravvedere l‘offesa.
Elemento soggettivo
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo il reato richiede per la sua punibilità il dolo generico, ovvero la coscienza e la volontà del vilipendio e la consapevolezza del carattere del luogo destinato alla sepoltura. La sentenza ha correttamente rilevato che i gesti compiuti sulla tomba e ripresi dalle telecamere, ossia danneggiamento di piante e fiori e rimozione dei ceri, sono chiaramente dispregiativi verso i familiari della defunta e verso il sentimento di pietà che essi, come la collettività manifestano proprio con l’apposizione di questi oggetti simbolici. Infine la condotta è punibile penalmente anche per la ripetitività dei gesti.