Se la Pubblica amministrazione non risponde c’è reato?

Il secondo comma dell’art. 368 c.p. prevede l’omissione d’atti d’ufficio della Pubblica Amministrazione e quindi dei suoi dipendenti se non rispondono nel termine di 30 giorni.

se la pubblica amministrazione non risponde

Il secondo comma dell’art 368 c.p. prevede l’omissione d’atti d’ufficio e così recita: “Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.”

Qual è la condotta punita?

Il secondo comma della Norma, quindi, punisce la condotta di omissione non motivata di atti richiesti.

Questa ovviamente non si realizza qualora il procedimento si sia concluso senza adozione espressa dell’atto in virtù del silenzio-assenso.

Dunque, perché vi sia omissione, è necessario che ricorrano tre requisiti:

  1. la richiesta formale dell’interessato;
  2. il mancato compimento dell’atto entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta (termine previsto dalle norme amministrative);
  3. la mancata esposizione dell’interessato, nello stesso termine, delle ragioni del ritardo.

Ci sono altri presupposti ed elementi?

Perché vi sia omissione, però, vi deve essere precedentemente una formale messa in mora.

Il privato cittadino deve quindi inviare una richiesta da cui decorre il termine per l’adozione dell’atto ovvero per formulare una risposta negativa che espliciti i motivi del diniego.

È comunque necessario che sussista un obbligo di avvio del procedimento, non potendosi postulare la debenza dell’atto su mera prospettazione del privato.

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L’interesse del privato deve inoltre essere qualificato e cioè essere un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata.

L’elemento soggettivo del reato è il dolo generico che consiste nella coscienza e nella volontà di omettere, di ritardare l’atto che il pubblico ufficiale sapeva di dover compiere e nella volontà dell’inadempimento.