Quando commetto il reato di omissione d’atti d’ufficio?

Il reato di omissione d’atti d’ufficio viene commesso ogni volta che non si compie un atto urgente. Ma chi lo può compiere?

L’art. 328 c.p. prevede e punisce il reato di omissione d’atti d’ufficio.

Il primo comma così recita: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico  o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo , è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.”

Tale figura di reato, quindi, punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che rifiuta atti urgenti, la cui rilevanza è limitata a tassative ragioni d’urgenza di compiere l’atto.

Vi rientrano, ad esempio, i sequestri obbligatori amministrativi, la confisca amministrativa, gli ordini di distruzione degli immobili abusivi, gli ordini di scioglimento delle manifestazioni vietate, la sospensione e la revoca della patente di guida, gli ordini di non circolare su determinate strade.

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Quali sono gli altri elementi del reato?

Tale reato si consuma quando l’inerzia ha compromesso l’adozione efficace dell’atto urgente.

Il rifiuto può manifestarsi in qualsiasi forma, sia scritta che orale, e deve essere indebito ossia non sorretto da cause di giustificazione.

La connotazione indebita, secondo la giurisprudenza, sussiste quando il soggetto non ha esercitato alcuna discrezionalità tecnica, ma si sia semplicemente sottratto alla valutazione d’urgenza dell’atto del suo ufficio.

Il fatto che l’atto debba essere compiuto senza ritardo sta a significare che il compimento tardivo si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussiste un’urgenza sostanziale impositiva del compimento dell’atto, in modo che l’inerzia assume la valenza di rifiuto dell’atto medesimo.

L’elemento soggettivo di tale reato è il dolo generico, consistente nell’elemento psicologico ossia la coscienza e la volontà di rifiutare l’atto che il pubblico ufficiale sapeva di dover compiere.