Datteri di mare: Con la sentenza n. 40325/21 la Cassazione ribadisce la sussistenza dei reati di inquinamento e disastro ambientale
I datteri, l’ambiente marino e le norme
I datteri di mare, il cui nome è lithophaga lithophaga, sono molluschi dal guscio lungo e marrone che si nutrono di plancton, alghe e detriti.
Sono molto pregiati, perciò particolarmente costosi, al punto che il loro prezzo supera di quasi tre volte quello delle ostriche.
La pesca dei datteri di mare è illegale, in quanto questi molluschi sono considerati una specie protetta perché: per catturarli occorre distruggere il loro habitat, cioè le rocce sulle quali vivono, utilizzando martelli pneumatici, picconi o esplosivo, così determinando l’alterazione dei fondali rocciosi marini.
Inoltre, i datteri di mare sono soggetti ad estinzione perché hanno una crescita estremamente lenta, in quanto raggiungono al massimo la lunghezza di 8-10 cm e per raggiungere i 5 cm impiegano dai 15 ai 35 anni.
Per i “datteri di mare”, vige un divieto assoluto di pesca stabilito sia da fonti internazionali – come la Convenzione di Berna del 1982, Annesso II, la Convenzione CITES del 1983, Annesso III, la Direttiva c.d. Habitat 92/43/EEC, Annesso IV, la Convenzione di Barcellona del 1982, Annesso II, l’art. 8 del Regolamento (CE) 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 – sia da leggi italiane (in particolare, l’art. 7 d.lgs. n. 4 del 2012, nonché il D.m. 16 ottobre 1998).
A tali divieti deve poi aggiungersi la configurazione dei reati ex art. 452 bis e quater c.p., come ribadito recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione
La Cassazione
Con la sentenza n. 40325 del 9 novembre 2021 la Corte di Cassazione, Sez. III penale, ha ribadito che: “I datteri di mare possono essere prelevati solo previa distruzione delle rocce in cui gli stessi si annidano, di conseguenza, il profitto del reato deve essere individuato avendo riguardo non tanto e non solo alle operazioni di commercializzazione degli stessi, bensì alle complessive condotte integranti i reati di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, di qui la configurabilità dei reati di cui agli artt. 452-bis e 452-quater cod. pen.”
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Il caso riguardava il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo della somma di 7.774,00 euro a fini di confisca, anche per equivalente, nei confronti dell’imputato per i reati di cui agli artt. 452-bis e 452-quater cod. pen..
Il ricorrente lamentava che il profitto fosse stato calcolato sull’intero ricavo delle vendite dei “datteri di mare”, ossia in 40,00 euro al kg. per 194,35 kg., senza considerare i costi, pari a 30,00 per kg., costi che avrebbero dovuto essere presi in esame perché la pescheria interessata al commercio di tali molluschi svolgeva un’attività in generale lecita, in quanto relativa ad ogni genere di prodotti ittici.