Il datore di lavoro non può indiscriminatamente recedere dal rapporto di lavoro durante il periodo di prova.
Infatti, il recesso in tale periodo ha natura discrezionale e dispensa il datore di lavoro dall’onere di specificare e provare la giustificazione ad esso sottesa.
Il provvedimento espulsivo non può però essere coerente con la causa del patto di prova.
La clausola del patto di prova, infatti, ha ad oggetto l’interesse di tutte le parti di verificare la reciproca convenienza alla prosecuzione del contratto.
Il datore di lavoro può capire nel tempo della prova le capacità del lavoratore di assolvere le attività affidategli, ed il lavoratore può capire l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto.
Se il patto di prova ha questa finalità, quindi, l’esercizio del potere di recesso durante tale periodo presuppone necessariamente la corretta esecuzione della prova.
Cosa dice la Corte di Cassazione?
La Suprema Corte con la sentenza n. 31159 del 2018 si è soffermata su tale punto giungendo ad affermare come il recesso illegittimo porti a diverse conseguenze per il datore di lavoro.
Il vizio funzionale della prova secondo la Corte ricorre quando il patto, pur perfettamente valido dal punto di vista formale e quindi efficace, non venga di fatto adempiuto. Ciò accade nel caso in cui non venga consentito l’esperimento della prova, in quanto adibito a mansioni diverse da quelle indicate nel patto, o l’effettuazione dell’esperimento abbia avuto durata inadeguata.
Infatti, l’art. 2096 c.c. che prevede appunto il patto di prova prevede per il datore di lavoro l’obbligo di consentire al lavoratore l’esperimento che forma oggetto del patto.
Dunque, solo nell’ipotesi in cui il patto sia validamente stipulato e sia stato correttamente adempiuto, il recesso potrà essere esercitato liberamente, senza alcun obbligo di preavviso per la parte recedente.
In caso contrario, il recesso non sarà né libero, né valido.
La pronuncia della Corte afferma altresì un principio di diritto assolutamente consolidato in materia, ossia che incombe integralmente in capo al lavoratore l’onere di provare in giudizio il vizio che inficia il recesso per mancato superamento del periodo di prova.
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Quindi quand’è che il recesso è illegittimo?
Per quanto sopra, quindi, il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova è rimesso alla discrezionalità datoriale, ma deve sempre essere ricollegato al patto di prova e alle finalità proprie dello stesso.
Non può infatti essere lo strumento per disfarsi di un rapporto di lavoro non gradito per ragioni diverse, estranee al patto, quali ad esempio un’intervenuta gravidanza o l’insorgenza di una malattia.