Alimenti: la responsabilità oggettiva del titolare del locale

Alimenti: il titolare del locale risponde sempre del cattivo stato di conservazione degli alimenti anche se non li ha acquistati né serviti

Gli alimenti e le norme

Quando ci si reca in un locale per mangiare e/o bere, ci si affida totalmente alla correttezza, professionalità e igiene del gestore e del personale, mai si vorrebbe scoprire che in quel locale vengono violate le norme sugli alimenti.

La tutela dei cittadini rispetto alla somministrazione, conservazione e vendita degli alimenti è garantita dalla legge n. 283 del 30 aprile 1962 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.

L’articolo 5 della legge 283/62 dispone:

“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:

  1. a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;
  2. b) in cattivo stato di conservazione;
  3. c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;
  4. d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;
  5. e) [abrogata]
  6. f) [abrogata]
  7. g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;
  8. h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo. Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo.”

La violazione

Chi risponde della violazione delle disposizioni relative agli alimenti ?

Al riguardo si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione, Sez. III penale, stabilendo con Sentenza n. 2281 del 26 ott. 2006 che: In tema di tutela degli alimenti, risponde del reato di cui all’art. 5 lett. b) della legge 30 aprile 1962 n. 283, detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, il presidente e legale rappresentante di una associazione nei cui locali sono state rinvenute le sostanze alimentari, non assumendo rilievo scriminante sia che l’acquisto non sia stato effettuato da questi, sia che la somministrazione sia avvenuta ad opera di terzi.

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Il caso affrontato dalla Corte riguardava una associazione nei cui locali erano detenute varie derrate alimentari (pezzature di carni suine, bovine e avicole, barattoli di sugo per cucinare) conservate in un congelatore a pozzetto, privo di termometro per la verifica della temperatura, rivestite di involucro insufficiente, senza etichette indicative delle caratteristiche delle sostanze, coperte di brina e quindi oggetto di scongelamento e successivo ricongelamento, oltretutto il recipiente era destinato alla conservazione dei gelati, quindi inidoneo al congelamento degli alimenti.