Baby gang: legittimo il collocamento del minore in comunità

Baby gang: il minore che appartiene ad una gang e manifesta la propria violenza può essere collocato in comunità

Le Baby Gang

La criminalità minorile legata alle baby gang è sempre più diffusa, negli ultimi anni vi è infatti un chiaro aumento dei casi di microcriminalità.

Si tratta di gruppi di giovanissimi che compiono insieme atti violenza nei confronti di chiunque e dovunque.

La baby gang è una banda costituita da “ragazzini”, generalmente minorenni tra gli 11 ed i 18 anni, che in branco assumono comportamenti criminali compiendo furti, aggressioni, risse, danneggiamenti ed altri reati o azioni deplorevoli.

Spesso si tratta di giovani che tentano di emulare i crimini commessi dagli adulti, oppure che sentono l’esigenza di violare le regole sociali, che trovano divertente prendere in giro chi è ‘diverso’ per affermare la propria superiorità.

Quali sono le misure che l’ordinamento attua nei confronti dei giovani appartenenti alle baby gang violente?

Nei casi più gravi l’ordinamento può prevedere la collocazione del minore in una comunità, come accaduto ad un giovane nei cui confronti la Cassazione ha confermato la legittimità della misura.

La sentenza

Con sentenza n.42323 del 27/06/2019 la Suprema Corte di Cassazione penale sez. II, ha stabilito che: È legittimo il collocamento in comunità del minore che, a capo di una baby gang violenta, estorceva ad altri ragazzi denaro e oggetti.

Il fatto ricostruito nell’ordinanza impugnata risultava verificatosi in ambito scolastico, dove indagato era stato precedentemente scoperto nel possesso di un coltello a serramanico e dove era stato individuato quale soggetto al centro di una gang di una trentina di ragazzi violenti, riuniti in una chat denominata “(OMISSIS)” e connotata dall’uso della violenza, della forza e della minaccia al fine di estorcere beni e/o denari ad altri ragazzi.

La Corte quindi, ha ritenuto che il rischio corso dalla classe giustifica la misura cautelare del collocamento in comunità.

Per la Corte la spavalda manifestazione di prepotenza e le minacce gravi, reiterate anche per più giorni, oltre alla personalità del ragazzo già sotto processo penale per altra imputazione, sono elementi sufficienti a giustificare la misura.