Furto di alberi: esclusa l’aggravante della violenza sulle cose ex art. 625 co.1 n.2 c.p. se l’albero è già divelto e non muta l’uso previsto
Il furto
Il reato di furto è previsto dall’articolo 624 del codice penale: Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516.
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61 n. 7 e 625.
L’articolo 625 c.p. indica le circostanze aggravanti ed in particolare, al comma 1 n. 2, prevede l’aggravante del furto “se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento”
Ma cosa accade se il furto ha per oggetto un albero? Come si configura l’aggravante della violenza?
Stante la particolarità del bene “albero”, la Cassazione è intervenuta per precisare le modalità di applicazione dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p..
La sentenza
Con sentenza n. 3788 del 16/12/2020 la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio in tema di furto di alberi: l’aggravante della violenza sulle cose è configurabile in caso di abbattimento o recisione dei rami di alberi infissi al suolo.
Secondo la Corte infatti, l’aggravante della violenza sulle cose prevista dall’art. 625 comma 1 n.2 c.p. è configurabile in caso di abbattimento o recisione dei rami di alberi infissi al suolo, ovvero di sezionamento di tronchi interi, tale da renderli inidonei all’utilizzo programmato, ma non nel taglio effettuato per rendere trasportabile un albero già divelto destinato alla produzione di legna da ardere, non realizzandosi in tal caso alcuna trasformazione o mutamento di destinazione del bene.
Così argomenta la Corte: In tema di furto, l’aggravante della violenza, integrante la circostanza di cui all’art. 625 c.p. n. 2), si realizza tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l’opera dell’uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un’attività di ripristino, cosicché essa non è configurabile ove l’energia spiegata sulla cosa, mediante la sua forzatura, non determina una manomissione ma si risolve in una semplice manipolazione che non implichi alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un’attività di ripristino (ex multis, cass n.11720 del 29.11.2019 rv 279042-01).
In caso di furto di alberi, in tanto è configurabile l’aggravante della violenza sulle cose in quanto l’agente operi su un albero piantato al suolo, abbattendolo o recidendo i rami dello stesso.
Anche la “potatura”, invero, comportando una diminuzione della parte legnosa secondo l’arbitrio dell’agente, con l’impiego della forza fisica o con l’utilizzo di strumentazione adatta, integra gli estremi della violenza.
Parimenti, integra violenza il sezionamento di tronchi destinati ad essere utilizzati nello stato in cui si trovano, dal momento che il loro sezionamento li renderebbe inidonei all’utilizzo programmato.
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Non è possibile parlare di violenza sulle cose – invece – allorché l’agente si limiti a sezionare per renderlo trasportabile – un albero già abbattuto, destinato ad essere utilizzato come legna da ardere, giacché, in tal caso, non viene operata alcuna trasformazione del bene che sia configurabile come rottura, guasto, danneggiamento o mutamento di destinazione.
Ciò che viene in rilievo, in tal caso, è il solo impossessamento.