Diffamazione mezzo stampa: il giornalista deve vagliare le affermazioni?

Il giornalista, che riporta alla lettera il testo di un’intervista non è punibile per diffamazione a mezzo stampa

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L’ordinanza della Corte di Cassazione del 25 maggio 2021 n. 14380, stabilisce che è applicabile la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca “a condizione che la qualità dei soggetti coinvolti, la materia della discussione e il più generale contesto in cui le dichiarazioni sono state rese presentino […] i necessari profili di interesse pubblico all’informazione, tali da far prevalere sulla posizione soggettiva del singolo il diritto di informare del giornalista”. Accertato quindi, il sussistere dell’interesse pubblico all’informazione, il giornalista non può essere ritenuto responsabile di quanto affermato dall’intervistato a condizione ovviamente chenon abbia manipolato o elaborato le dichiarazioni dell’intervistato, in modo da falsarne anche parzialmente il contenuto”.

La vicenda giudiziale

Una giornalista, autrice di un’intervista e in solido colui che dal primo veniva intervistato, venivano condannati al risarcimento del danno, pari a 20 mila euro, a favore di una cooperativa, in quanto nella pubblicazione di un’intervista, si ravvisava contenuto diffamatorio, una volta che l’intervista veniva pubblicata sulle pagine di noto quotidiano. In sede di impugnazione la condanna, veniva confermata e l’impugnazione respinta. La Corte d’Appello rilevava che il soggetto intervistato aveva dichiarato che i bambini malati erano abbandonati e “condannati a mangiare porcherie” a causa dell’operato della cooperativa in questione. Giudicato pertanto le frasi come oggettivamente diffamatorie, condannava la giornalista che le aveva riportate nell’intervista senza espungere nulla. I condannati ricorrono così in Cassazione.

Ricorso del Giornalista in Cassazione: non responsabile di diffamazione?

La resistente sostiene che si sia formato il giudicato in relazione alla mancata impugnazione del capo della sentenza relativo alla pubblicazione della pronuncia medesima a cura e spese dei convenuti. In ragione di ciò, il ricorso sarebbe inammissibile. La Suprema Corte non accoglie tale doglianza e aggiunge a riguardo che tale motivo è “destinato a cadere in ragione dell’effetto espansivo interno di cui all’art. 336 c.p.c., [pertanto] è ovvio che nessun giudicato preclusivo si è mai formato”, avendo la giornalista impugnato la sentenza di primo grado nella statuizione principale.

Le dichiarazioni rese al giornalista dal soggetto intervistato

La giornalista ricorrente, tra le varie censure, assume la violazione o falsa applicazione dell’art. 21 Cost., dell’art. 51 c.p. relativamente alla scriminante dell’esercizio del diritto e dell’art. 595 c.p. in materia di diffamazione. La Suprema Corte considera fondata la doglianza.

In buona sostanza, ciò che la Cassazione rileva è che errata è stata la considerazione dei  giudici di merito, i quali avevano escluso che potesse essere evocata la causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di cronaca, dal momento che la giornalista aveva riportato integralmente il contenuto dell’intervista. Secondo questa tesi, la giornalista avrebbe dovuto selezionare dopo attenta critica, le dichiarazioni rilasciate sia sotto il profilo della loro adeguatezza che della continenza verbale.

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La Cassazione non ravvede diffamazione da parte del giornalista

A tal proposito tuttavia, la Corte ricorda che:

è applicabile la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca alla condotta del giornalista che, pubblicando “alla lettera” il testo di una intervista, riporti dichiarazioni del soggetto intervistato oggettivamente lesive dell’altrui reputazione, a condizione che:la qualità dei soggetti coinvolti, la materia della discussione e il più generale contesto in cui le dichiarazioni sono state rese presentino, sulla base di una valutazione – questa sì riservata al giudice del merito, i necessari profili di interesse pubblico all’informazione, tali da far prevalere sulla posizione soggettiva del singolo il diritto di informare del giornalista” (Cass. 2733/2002, Cass. 10686/2008, Cass. 5066/2010, Cass. 23168/2014).