Sono stati dichiarati ammissibili e quindi prove i messaggi ed i messaggi vocali WhatsApp nel processo. La Giurisprudenza è costante.

L’ammissibilità del predetto mezzo di “prova atipica” è stato statuito più volte dalla Giurisprudenza.
Secondo quest’ultima, infatti, i messaggi scambiati tramite WhatsApp hanno la natura di documenti informatici, pacificamente equiparati ai documenti c.d. tradizionali ai sensi della L. 40/2008.
Per tale motivo ad essi si applicano tutte le norme ordinamentali.
In particolare, l’art. 2712 c.c. prevede che le riproduzioni meccaniche, fotografiche, informatiche (CAD) o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate. E ciò se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.
L’art. 2719 c.c. dispone inoltre che le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta.
Pertanto, in assenza di una specifica e adeguata contestazione sollevata dalla controparte cui la prova si produce in merito alla genuinità del messaggio, deve attribuirsi allo stesso valore di prova anche in assenza del supporto informatico (lo smartphone) sul quale è stato inviato.
In tale caso, quindi, non è necessario che colui che lo vuole produrre debba anche produrre lo smartphone su cui si trova.