L’eccezione di inadempimento va sollevata nel termine di 20 giorni ai sensi dell’art. 167 c.p.c.?

Secondo la Corte di Cassazione l’eccezione di inadempimento non va sollevata 20 giorni prima dell’udienza, E’ una difesa di parte convenuta.

L’eccezione di inadempimento

Cosa dice la Corte di Cassazione?

L’ordinanza n. 12890 del 30 giugno 2020 così statuisce: “….La distinzione, più precisamente, risiede in ciò che, “mentre, di regola, l’eccezione identifica una particolare difesa consistente nella contrapposizione di fatti ai quali la legge attribuisce immediatamente e direttamente una autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale si fonda la domanda (eccezione in senso lato), l’eccezione in senso stretto consiste nella contrapposizione di quei fatti che, senza escludere la sussistenza del rapporto implicato dalla domanda, sono tuttavia tali che, in loro presenza, risulti accordato al convenuto e disciplinato dal diritto sostanziale un potere rivolto ad impugnandum jus, ossia una potestà esercitabile al fine di fare venir meno il diritto dell’avversario.

In questi casi il legislatore costruisce la fattispecie in modo tale che la presenza di determinate circostanze non ha una autonoma efficacia produttiva della nuova situazione sostanziale, ma la consegue solo per il tramite di una manifestazione di volontà dell’interessato, che, da sola o, a seconda delle ipotesi, previo accertamento giurisdizionale dell’avvenuta costituzione della fattispecie medesima, si inserisce all’interno di questa.

Per conseguire il risultato difensivo, non basta qui l’allegazione del fatto, ma occorre che l’interessato scelga se conservare la situazione giuridica esistente ovvero ottenere che, secondo la norma di previsione, si produca quella nuova: ciò che, in ipotesi affermativa, postula il compimento di un apposito atto di manifestazione di volontà in tale senso, non diversamente da quanto accadrebbe qualora la parte, in luogo dell’esercizio in via di eccezione della potestà conferitagli dalla legge, vi provvedesse in via di azione.

Tanto si verifica con riguardo a tipiche azioni costitutive: si vedano ad esempio l’art. 1442 c.c., u.c., e art. 1449 c.c., comma 2, ove si prevede la facoltà del convenuto di proporre, rispettivamente, un’eccezione di annullamento e di rescissione del contratto.

Ed è opinione diffusa in dottrina che analoga situazione sia configurabile con riguardo ad eccezioni di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità; revocatoria; di riduzione di disposizioni testamentarie; etc. (così Cass. Sez. U. n. 1099 del 1998, cit.).

Ebbene la causa non imputabile dell’inadempimento non rientra in tale categoria, non essendo la sua contrapposizione all’inadempimento (dedotto quale fatto costitutivo della domanda) riservata per legge alla parte, nè potendo essa ritenersi coordinata con un’azione costitutiva.

Costituisce piuttosto un fatto di per sè idoneo a impedire il sorgere del diritto fondato sull’inadempimento, escludendone l’imputabilità, indipendentemente da un apposito atto di manifestazione di volontà in tal senso; come tale, essa è rilevabile d’ufficio (allo stesso modo di come lo sarebbe un fatto estintivo, quale ad es. il pagamento), ove risultante ex actis….”