Quando il barbiere sbaglia: se il cliente è scontento può rischiare grosso

Quando il barbiere sbaglia: se il taglio di capelli non piace al cliente, il barbiere può rischiare l’aggressione

Il caso

Anche il barbiere e la parrucchiera possono sbagliare o interpretare male una richiesta del cliente.

Può capitare che il taglio non sia proprio perfetto, che la sfumatura del colore non sia identica a quella richiesta, o che la piega sia da rifare.

In questi casi, la lamentela del cliente è scontata, come scontato sarà il tentativo del parrucchiere di rimediare all’errore.

D’altro canto, l’obbligazione che assume il parrucchiere è un’obbligazione «di risultato», egli infatti è tenuto a garantire al cliente il raggiungimento del risultato da questi sperato al momento del conferimento dell’incarico, secondo le indicazioni fornitegli in precedenza.

In caso di errore quindi, il parrucchiere potrà temere di perdere il cliente, potrà temere un’azione risarcitoria, ma in qualche caso dovrà temere anche un’aggressione da parte del cliente.

Ad uno sfortunato barbiere infatti, colpevole di aver sbagliato il taglio di capelli richiesto, è capitato proprio di dover subire una reazione molto aggressiva da parte di un cliente a dir poco insoddisfatto che lo ha minacciato con una forbice, facendosi consegnare 50 euro per il danno che sosteneva di aver subìto.

La sentenza

Il Tribunale di Pescara, con sentenza n.1199 del 07/09/2020, ha riqualificato il reato di rapina contestato all’imputato in quello di cui all’articolo 393 c.p. “esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone”.

Dispone l’art. 393 c.p. “Chiunque, al fine indicato nell’articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell’offeso, con la reclusione fino a un anno.

Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a euro 206.

La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi.”

Secondo il Tribunale infatti, vi è una fondamentale distinzione tra il reato di rapina e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone.

L’elemento distintivo del reato di rapina da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone risiede, in primo luogo, nell’elemento soggettivo.

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Nel primo caso il soggetto agente agisce al fine di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto, nella consapevolezza che quanto pretende non gli spetta e non è giuridicamente azionabile.

Nel secondo caso il soggetto agente agisce nella ragionevole opinione di esercitare un diritto con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli competa.

Inoltre, concorrono a distinguere i due reati la gravità della violenza e l’intensità della minaccia, le quali, per essere ricondotte nella fattispecie meno grave, non devono trasmodare in manifestazioni sproporzionate e gratuite, tali da travalicare il ragionevole intento di far valere un proprio diritto.