Se manca il consenso informato l’intervento del medico è sicuramente illecito non rilevando le condizioni più o meno gravi del paziente

Le gravi condizioni non sono sufficienti a presumere prestato il consenso
L’ordinanza n. 27109/2021 stabilisce che il consenso del paziente all’intervento non può ritenersi tacitamente prestato in virtù della gravità delle sue condizioni. Non c’è alcuna possibilità infatti di desumere che il paziente avesse acconsentito ad operarsi se il medico avesse parlato con lo stesso dell’intervento.
I parenti di una donna, deceduta all’esito di un intervento di angioplastica coronarica, eseguito presso l’ospedale ove la signora si era recata per sottoporsi a coronografia, ricorrono al Tribunale di merito accusando che l’intervento in questione fosse stato eseguito senza la firma al trattamento e, in aggiunta per stima della gravità dell’accaduto, occorre evidenziare come la struttura sanitaria non fosse munita di unità di cardiochirurgia. In Corte d’Appello non afferma invece che, se anche i sanitari avessero rappresentato alla paziente tutti i rischi connessi all’intervento poi praticato, nonché la possibilità di eseguire l’intervento presso altre strutture sanitarie la donna probabilmente avrebbe comunque proceduto all’intervento in forza della diagnosticata patologia. I famigliari pertanto ricorrono in Cassazione.
Consenso informato e libera e consapevole autodeterminazione
I magistrati di Piazza Cavour, ricostruiscono gli orientamenti della giurisprudenza in tema di consenso informato infatti si legge nel provvedimento, “attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico (cfr. Corte Cost. 23/12/2008, n. 438), e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente (v. Cass. 6/6/2014, n. 12830), atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest’ultima non potendo in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana: art. 32, 2° co., Cost.)”.
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La decisione della Cassazione
Secondo la Cassazione, da un lato, la Corte d’Appello è caduta in errore nel ravvisare la “gravità della condizione di salute” e la “prospettiva realistica di un evento infausto in caso di non tempestiva sottoposizione al suddetto intervento” motivi che secondo la loro tesi, avrebbero indotto la donna, con alta probabilità e sovrastando ogni ragionevole dubbio in merito, a farsi operare lo stesso, nonché ad aver ritenuto la “necessità ed improcrastinabilità dell’intervento” con conseguente esclusione addirittura della necessità di acquisire il consenso della paziente. Dall’altro tuttavia, ritiene che la Corte del primo grado abbia sbagliato nel formulare “presuntivamente e tacitamente” prestato il consenso nonostante i molteplici elementi “gravi, precisi e concordanti” dedotti dai parenti della vittima che, invece, facevano supporre che, qualora correttamente informata, la paziente avrebbe rifiutato sicuramente l’intervento.
Conclusioni
In relazione alla decisione di merito si legge infatti che per gli Ermellini sarebbe “del tutto apodittica e intrinsecamente illogica”. Si chiude pertanto con una sentenza cassata con rinvio.