Copia-incolla: il ricorso così redatto è inammissibile

Copia-incolla: attenzione a redigere un atto con la tecnica del copia-incolla perché può essere inammissibile

Il ricorso copiato non piace alla Corte

Saper scrivere è un’arte che richiede anche tempo.

Ma quando il tempo per redigere un atto manca, si può decidere di “recuperarlo” utilizzando la tecnica del copia-incolla, creando così quello che è noto come “ricorso sandwich”.

Si tratta di un ricorso interamente o parzialmente copiato senza effettuare alcuna rielaborazione dei contenuti.

Attenzione però ad utilizzare un metodo così sbrigativo, perché il ricorso potrebbe essere dichiarato inammissibile.

Con una ordinanza del 04.06.21 infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha nuovamente ribadito quanto già affermato con la Sentenza n.8245 del 04/04/2018.

La Cassazione

Con la Sentenza n.8245 del 04/04/2018 la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso “sandwich” redatto con la tecnica del copia-incolla di interi atti e documenti senza alcuno sforzo di selezione o rielaborazione dei contenuti.

La questione è stata affrontata dalla Cassazione in relazione ad un ricorso presso l’Agenzia delle Entrate redatto secondo la tecnica di mera trascrizione compilativa.

Il ricorso si componeva di 179 pagine, di cui 175 rappresentate da mere trascrizioni del Processo verbale, degli atti di accertamento, nonché delle sentenze di primo e secondo grado, con le rimanenti 4 pagine costituite da un’esposizione sommaria dei fatti e delle censure di norme di legge.

Per i giudici di legittimità non si può gravare la Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare e utilizzare ciò che possa servire al giudizio, rendendo particolarmente difficoltosa la stessa individuazione della materia del contendere.

Così argomenta la Corte: […] la tecnica espositiva adottata nel ricorso in esame appare inidonea ad integrare il requisito dell’art.366 c.p.c. n. 3, poiché onera la Corte, per percepire il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale, di procedere alla lettura degli atti e documenti riprodotti, similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, difettando quella sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata in cui si sostanzia il principio di autosufficienza del ricorso.

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Nella specie, non può peraltro trovare applicazione il principio espresso da questa Corte, in base al quale la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c. n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza, sicché è sanzionabile con l’inammissibilità, a meno che il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, essendo facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed espunto dall’atto processuale, la cui autosufficienza, una volta resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali, dovrà essere valutata in base agli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi (Cass. n. 18363 del 2015).