Violenza sessuale: palpeggiare una minore con un rapido movimento per evitare la contrarietà costituisce reato
Il caso
La violenza sessuale si estrinseca in ogni condotta consistente in un approccio fisico sessuale non desiderato dalla donna, compreso quindi il palpeggiamento.
In alcune circostanze potrebbe apparire come uno scherzo, come una goliardata, il palpeggiamento di una donna con fare rapido, quasi furtivo.
Ma il palpeggiamento non richiesto e non voluto non è mai uno scherzo ed anzi, ove effettuato con una rapidità tale da evitare l’opposizione della vittima, deve considerarsi una vera e propria violenza sessuale.
La Suprema Corte di Cassazione ha infatti rilevato che: in tema di violenza sessuale rileva anche l’azione rapida ed insidiosa che impedisce alla vittima di difendersi
La Cassazione
La Corte si è occupata di un caso in cui un umo, nell’imboccare a piedi un porticato cittadino, provenendo dall’adiacente carreggiata e passando vicino ad un gruppetto di ragazzini, aveva palpeggiato il sedere di una di loro, che indossava pantaloncini corti, dandole una stretta al gluteo.
Con la Sentenza n.31737 del 29/09/2020 la Corte ha stabilito che: L’elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi
Le motivazioni
Così argomenta la Corte: […] Ed invero, questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, per attribuire rilevanza a quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, il giudice deve effettuare una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante (Sez. 3, n. 964/2015 del 26/11/2014, Rv. 261634).
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Per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa (zone genitali o comunque erogene), essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore o che quest’ultimo consegua la soddisfazione erotica (Sez. 3, n. 4674 del 22/10/2014, dep. 2015, S., Rv. 262472).
È del pari consolidato il principio secondo cui l’elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi (Sez. 3, n. 27273 del 15/06/2010, M., Rv. 247932; Sez. 3, n. 46170 del 18/07/2014, J., Rv. 260985).