Giudicato formale e giudicato sostanziale nel giudizio civile

L’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato non può più essere messo in discussione: giudicato formale e giudicato sostanziale

Giudicato formale e giudicato sostanziale

Nel caso di emissione di una sentenza non impugnata, si crea una cristallizzazione della situazione di fatto e di diritto sottesa all’accertamento del diritto controverso e gli effetti si estendono anche a tutte le circostanze ad esso connesso che avrebbero potuto essere oggetto discussione.

In conseguenza di questo principio, non potrà mai essere incardinata una controversia che ha ad oggetto diritti che sarebbero dovuti essere fatti valere nel precedente giudizio.

Il giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.), quale riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c.), si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, comprese le questioni e gli accertamenti che rappresentano le premesse necessarie e il fondamento logico–giuridico ineludibile della pronuncia, che si ricollegano cioè in modo indissolubile alla decisione (giudicato esplicito) formandone l’indispensabile presupposto (giudicato implicito).

Il giudicato si forma dunque non soltanto su quel che è stato oggetto di contrasto tra le parti ed ha trovato soluzione nel dispositivo, ma su tutto ciò che il giudice ha ritenuto, non incidentalmente ma decisivamente. In tal senso conforme è l’orientamento di dottrina e giurisprudenza: si dice che il giudicato copre il dedotto e il deducibile.

Questo principio, secondo una lettura costituzionalmente educata, per il quale l’efficacia del giudicato si estende, oltre a quanto dedotto dalle parti, anche a quanto esse avrebbero potuto dedurre, si riferisce sempre a quelle ragioni non dedotte che rappresentano un antecedente logico necessario della pronuncia ed impedisce che possa essere introdotta una nuova controversia con lo stesso oggetto ma con nuove ragioni, che ben si potevano far valere nel primo giudizio, o comunque in sede di gravame, che è la sede naturale per la revisio prioris instantiae.

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L’opinione dei giudici di legittimità

Di qui la violazione del principio del ne bis in idem: onde l’inammissibilità della domanda, il principio del ne bis in idem e quello dell’interesse ad agire essendo infatti tra loro ontologicamente connessi (in termini Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 26041 del 23/12/2010 – in senso nomofilattico v. SS.UU, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006).

Da ultimo, occorre segnalare una interessante decisione della Suprema Corte di Cassazione, Ordinanza 7 giugno 2021, n. 15817, con la quale viene espresso il pricipio secondo cui “l’autorità del giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone, quindi, che la causa precedente e quella in atto abbiano in comune, oltre ai soggetti, anche il “petitum” e la “causa petendi”, restando irrilevante, a tal fine, l’eventuale identità delle questioni giuridiche o di fatto da esaminare per pervenire alla decisione“.

Tale decisione sembra restringere il campo di applicazione del princio della formazione del giudicato, fissando i precisi limiti della sua operatività.