Gratta e vinci: se si spende troppo può essere “prodigalità” ed allora è legittima la nomina di un amministratore di sostegno
Il Gioco e le spese
I gratta e vinci sono tagliandi di lotterie nazionali a estrazione istantanea, cioè a vincita immediata.
Basta solo una monetina per grattare via la patina argentata e scoprire se si è stati baciati dalla fortuna.
I gratta e vinci però, costituiscono una grande insidia per gli appassionati e possono, più di ogni altra forma di gioco, determinare forme gravi di ludopatia.
Secondo alcuni studi sul tema, i gratta e vinci costituiscono gioco d’azzardo “più amato dagli italiani”, preferito soprattutto dai ragazzi e dalle donne.
Ma cosa accade se una persona spende tutto in gratta e vinci, tanto da depauperare il patrimonio? Come aiutare una persona affetta da ludopatia?
Se la spesa è tale da configurare la “prodigalità”, anche in assenza di una malattia “ludopatica”, si può chiedere la nomina di un amministratore di sostegno.
La Cassazione
Con sentenza n. 5492 del 07/03/2018, la Suprema Corte ha stabilito che “È possibile l’applicazione dell’amministrazione di sostegno per prodigalità nei confronti di chi spende in “gratta e vinci” cifre esorbitanti rispetto alle proprie disponibilità economiche.”
La Cassazione ha quindi sancito l’applicabilità dell’amministrazione di sostegno anche in assenza di una vera e propria malattia, purché vi siano gli elementi atti a configurare la prodigalità.
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Nel caso di specie, una donna aveva richiesto l’intervento del Tribunale mediante la nomina dell’amministratore di sostegno per la propria madre che aveva contratto una pluralità di prestiti, un mutuo Inps con cessione del quinto della pensione, un prestito di 40mila euro con la figlia stessa e altri piccoli debiti, tutto per l’acquisto di “gratta e vinci”.
In particolare,la Corte ha precisato che: “la prodigalità, cioè un comportamento abituale caratterizzato da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socioeconomiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro, configura autonoma causa di inabilitazione, ai sensi dell’art.415 c.c., comma 2, indipendentemente da una sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità, e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili (Cass. 786 del 13.01.2017)”