Coppia di fatto ed assegnazione della casa familiare

Nel caso di rottura di una convivenza tra una coppia di fatto, il genitore collocatario della prole può ottenere l’assegnazione della casa familiare

Quando il nucleo familiare che si scioglie è costituito da una coppia non coniugata l’assegnazione della  casa familiare segue le stesse regole valide per le coppie sposate; il criterio in base al quale la casa viene assegnata cioè, non segue la proprietà dell’immobile, che può essere di uno dei due o anche di una terza persona, ma viene riferito alla presenza o meno , nella coppia di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, proprio come accade per le coppie sposate.

Il godimento della casa familiare a seguito della separazione dei genitori, anche se non uniti in matrimonio, ai sensi dell’art. 337 sexies c.c. è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli, occorrendo soddisfare l’esigenza di assicurare loro la  conservazione dell’”habitat” domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, e la casa può perciò essere assegnata al genitore, collocatario del minore, che pur se ne sia allontanato prima della introduzione del giudizio. (Nella specie la S.C., nel ribadire il principio, ha assegnato la casa familiare alla madre, collocataria del figlio di età minore, reputando non ostativa la circostanza che la donna si fosse allontanata dalla casa in conseguenza della crisi nei rapporti con il padre del bambino, e non attribuendo rilievo al tempo trascorso dall’allontanamento, dipeso dalla lunghezza del processo, che non può ritorcersi in pregiudizio dell’interesse del minore)” (Cass. sent. n. 32231/2018).

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge (o al convivente) affidatario di figli minori (o maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa) è opponibile – nei limiti del novennio, ove non trascritto, o anche oltre il novennio, ove trascritto – anche al terzo acquirente dell’immobile solo finché perduri l’efficacia della pronuncia giudiziale, sicché l’insussistenza del diritto personale di godimento sul bene – di regola, perché la prole sia stata “ab origine”, o successivamente divenuta, maggiorenne ed economicamente autosufficiente o versi in colpa per il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica – legittima il terzo acquirente a proporre un’ordinaria azione di accertamento al fine di conseguire la declaratoria di inefficacia del titolo e la condanna dell’occupante al pagamento di una indennità di occupazione illegittima.