Figlio violento e minaccioso? E’ condannabile per stalking

Se il figlio minaccia e aggredisce la madre, arrivando a danneggiarle un mobile e l’auto e il cellulare commette stalking

figlio violento

Lo chiarisce la Cassazione con la Sentenza n. 34471/2021, fornendo un interessante nuovo orientamento giurisprudenziale.
In primo grado la Corte aveva condannato l’imputato per il reato di lesioni in danno dei genitori, per il danno procurato ad un telefono mobile e di un mobiletto aveva condannato lo stesso per danneggiamento e del reato di atti persecutori nei confronti della madre. La corte d’Appello aveva lievemente riformato il primo grado.

La vicenda giudiziale del figlio violento

Ricorrendo in Cassazione l’imputato propone le seguenti doglianze:

  • nel primo motivo del ricorso l’omissione da parte del Tribunale di merito della mancanza di volontà di provocare lesioni ai genitori, visto che la sua unica intenzione era di difendersi dai colpi inferti da loro con oggetti contundenti.
  • Lamenta poi nel secondo motivo l’addebito per il reato di cui all’art. 615 c.p. perché dopo la depenalizzazione viene punito come reato solo l’illecito penale commesso con violenza o minaccia che devono essere contestuali al danneggiamento: condizioni che nel caso di specie non si sono verificate poiché prima che il telefonino cadesse a terra l’imputato si era limitato a toglierlo dalle mani della madre, senza minacciarla o farle violenza in alcun modo.
  • Con il terzo infine rifiuta l’addebito per il reato di stalking perché mancano nel caso di specie tutti gli elementi costituivi del reato.

LEGGI ANCHE: Stalking virtuale: assolutamente applicabili le misure cautelari

La risposta della Cassazione spiazza il figlio

Per la Cassazione il ricorso è tuttavia inammissibile perché il ricorrente vuole ottenere una lettura alternativa o una rivalutazione delle prove, che come spesso si ricorda, non si può ottenere in sede di accertamento di legittimità. Inoltre, le ragioni per le quali l’imputato sia stato ritenuto responsabile dei reati addebitati, sono state bene esposte sia in primo che in secondo grado. Per il reato di lesioni e quello di danneggiamento, non vi sono dubbie circostanze, in quanto risultano provati dalla documentazione medica, dalle testimonianze e dalla querela. Del tutto infondate invece le contestazioni relative al reato di atti persecutori, in quanto trattasi di un illecito penale abituale che si caratterizza per “il compimento di più atti realizzati in momenti successivi, rappresentando ciascuna delle singoli azioni un elemento della serie, al realizzarsi della quale sorge la condotta tipica rilevante anche ai fini della procedibilità.” Il reato di atti persecutori è integrabile con due sole condotte, perché idonee a costituire la “reiterazione” richiesta dalla norma e che, dal punto di vista soggettivo, richiede l’elemento soggettivo del dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della loro idoneità a produrre gli eventi intimidatori e dannosi per la vittima.


La Cassazione condivide infatti le conclusioni della giurisprudenza di legittimità per la quale il delitto di atti persecutori si configura anche quando la condotta si sia manifestata in una attività di danneggiamento che abbia provocato nella persona offesa uno stato di ansia o la abbia indotta a cambiare le proprie abitudini di vita, perché trattasi di una “condotta idonea a configurare sia la molestia, per i ripetuti danni in sé, sia per la minaccia, in relazione alla possibilità di analoghi atti dannosi, desumibile dalle precedenti condotte.” Infine non è esclusa comunque la concorrenza del reato di atti persecutori con quello di danneggiamento anche quando il danneggiamento rappresenti l’unico modo in cui si manifesta il primo reato, poiché i due reati tutelano beni differenti.