L’uso dei social media da parte dei magistrati: cosa dice la Cassazione

La Corte di Cassazione in risposta al questionario proveniente dalla Corte Suprema della Repubblica Ceca spiega in cosa consistano le attività secondarie dei magistrati e come si esplichi l’uso dei social media da parte dei magistrati.

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I magistrati ed i social media

La Cassazione in risposta al questionario della Corte Suprema della Repubblica Ceca, sul tema delle condotte dei magistrati sulle piattaforme social media afferma che le medesime non sono oggetto di una specifica disciplina giuridica.
Sono regolate da norme deontologiche ed in parte sono oggetto di direttive indirizzate ai dirigenti degli uffici giudiziari, nella forma di linee guida elaborate dal Consiglio Superiore della Magistratura.

C’è differenza tra l’attività compiuta dai singoli magistrati sui social network e l’attività istituzionale con la stampa ed i mass media?

La Cassazione precisa che l’attività di comunicazione istituzionale degli uffici giudiziari e i loro rapporti con i mass media è prevista in linee guida, raccomandazioni o direttive indirizzate ai capi degli uffici, assunte dal Consiglio Superiore della Magistratura con una Delibera dell’11 luglio 2018.
Queste linee guida integrano la disciplina generale prevista per i soli uffici requirenti dall’art.5 del d.lgs. n. 5 del 2006 e recepiscono le raccomandazioni e i pareri di organismi internazionali (ad es. la Racc. n. 12 del 2010 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa; il rapporto del 1° giugno 2018 dell’European Network of Councils for the 8 Judiciary; i pareri del Consiglio consultivo dei giudici europei del 2005, 2010 e 2011).

Quali sono le esigenze di disciplinare tale attività?

Per la Cassazione sono tre le esigenze :

  •  di contemperare i valori della trasparenza e comprensibilità della giurisdizione con il carattere riservato, talora segreto, della funzione, sul presupposto che il contemperamento tra tali valori, tutti correlati ai principi di indipendenza e autonomia della magistratura e ad una moderna concezione della responsabilità dei magistrati, aumenti la fiducia dei cittadini nelle istituzioni deputate all’amministrazione della giustizia;
  •  di tutelare il diritto di informazione dei cittadini, sul presupposto che i procedimenti giudiziari e le questioni relative alla giustizia siano di pubblico interesse;
  •  che i rapporti dei magistrati con i mass media siano improntati alla moderazione e alla compostezza.

Prescrizioni per gli uffici requirenti

Con riguardo agli uffici della Procura è raccomandata la designazione di un responsabile della comunicazione nella persona del capo dell’Ufficio o su sua delega del magistrato che abbia maggiori attitudini o esperienza comunicativa.
Le informazioni fornite devono rispettare il segreto delle indagini e il principio di riservatezza e non devono pregiudicare i diritti dei soggetti convolti nel procedimento.
In ossequio al principio di non colpevolezza, deve essere evitata ogni rappresentazione delle indagini idonea a determinare nel pubblico la convinzione della colpevolezza delle persone indagate.

Prescrizioni per gli Uffici giudicanti

E’ raccomandata la designazione di un magistrato responsabile per la comunicazione oppure due nel caso di uffici di grandi dimensioni (uno per il civile, uno per il penale)
Nel caso in cui si verifichi un caso di potenziale interesse pubblico in quanto di rilievo economico, politico, sociale, tecnico-scientifico la notizia deve essere predisposta con linguaggio semplice, chiaro e comprensibile.
Il responsabile per la comunicazione la rielaborerà e ne curerà la trasmissione agli organi di informazione e ai media.
Le linee guida non sono vincolanti ma costituiscono un modello utilizzabile dai dirigenti degli uffici.

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L’attività svolta dai singoli magistrati sui social è oggetto di regolamentazione?

La Cassazione precisa che non è oggetto di regolamentazione positiva, neppure nella forma di regole non vincolanti aventi funzione di direttive o raccomandazioni.
Trova il suo limite nelle norme deontologiche.
Infatti evidenzia che la regola della sobrietà dei comportamenti, costituendo un aspetto della deontologia professionale del magistrato, impone un rigoroso self-restraint nell’uso dei social network e delle mailing list.
Un utilizzo non corretto dei social potrebbe vulnerare il riserbo che deve contraddistinguere l’azione dei magistrati e offuscare la credibilità e il prestigio della funzione giudiziaria.

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Quali sono i limiti alle attività dei magistrati sui social network?

La legge che disciplina gli illeciti disciplinari stabilisce che il magistrato esercita le funzioni con correttezza, riserbo ed equilibrio e rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni (art.1 d.lgs. n. 109 del 2006).

Le espressioni, esternazioni o pubblicazioni, dunque, a certe condizioni, possono costituire un illecito disciplinare allorché siano tali da tradursi in gravi scorrettezze nei confronti delle parti, dei difensori, dei testimoni o di qualunque soggetto coinvolto nel procedimento o nei confronti di altri magistrati (art.2, lett. d), d.lgs. n.109 del 2006).

Nel caso di espressioni o pubblicazioni di natura privata?

La regola della sobrietà nei comportamenti impone di non eccedere nell’esibizione attraverso i social di frammenti di vita privata che dovrebbero restare riservati, al fine di non pregiudicare il necessario credito di equilibrio, serietà, compostezza e riserbo di cui ogni magistrato deve godere nei confronti della pubblica opinione.