In caso di mancata vincita al Gratta e Vinci si può agire per il rimborso della spesa dei tagliandi? Sul punto si è pronunciata la Cassazione con ordinanza 5 ottobre 2021 n. 26999.
Il caso
Un accanito giocatore dopo aver acquistato € 2.490 euro di tagliandi (oltre 400) della lotteria istantanea “Gratta e Vinci” e non aver vinto nulla ha deciso di intraprendere un’azione giudiziaria dinanzi al Giudice di Pace al fine di ottenere il rimborso di quanto pagato o almeno un risarcimento.
La tesi sostenuta dal giocatore
Il giocatore ha basato la domanda sulla dedotta nullità o annullabilità – per dolo determinante ai sensi dell’art. 1439 c.c. -dell’acquisto dei tagliandi di partecipazione alle lotterie istantanee in quanto privi dell’avvertimento relativo alle probabilità di vincita del gioco, previsto dal D.L. n. 158 del 2012, art. 7,comma 5.
Ha chiesto la dichiarazione di nullità del contratto di acquisto dei suddetti tagliandi o in subordine che il contratto fosse annullato, con condanna della società Lotterie Nazionali s.r.l. e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (enti convenuti) alla restituzione del prezzo.
In ulteriore subordine, l’attore ha chiesto il risarcimento del danno per violazione della buona fede precontrattuale.
La decisione della Cassazione
Il giocatore ha vinto davanti al Giudice di Pace per poi risultare perdente in appello così ha proposto ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
L’obbligo di informazione imposto dall’art. 7 comma 5 del D.L. 158/2012 (convertito in legge n. 189 del 2012) prevede che “formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita devono altresì figurare sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi”.
Il comma 6, prevede che l’ “inosservanza delle disposizioni di cui al comma 5, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a cinquantamila Euro irrogata nei confronti del concessionario (…). Per le attività di contestazione degli illeciti, nonché di irrogazione delle sanzioni è competente (…) l’Agenda delle dogane (…)”.
Obbligo di informazione come regola di condotta per il concessionario
L’obbligo di informazione imposto dalle norme sopra ricordate costituisce dunque una regola di condotta per il concessionario, punita con una sanzione amministrativa, non una regola conformativa del contenuto del contratto.
L’obbligo ha la finalità di contrastare la dipendenza patologica dal gioco, ma questo ovviamente non è sufficiente per poter affermare che la mancanza della stampigliatura sui tagliandi comporti la nullità del contratto di scommessa.
Il ricorrente, in definitiva afferma la Cassazione, confonde regole contrattuali e regole di condotta, pretendendo che la violazione delle seconde costituisca per ciò solo causa di invalidità del contratto.
Ipotesi di nullità del contratto
La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, in difetto di espressa previsione in tal senso (cosiddetta “nullità virtuale”), può affermarsi solo in un caso: quando siano state violate norme inderogabili concernenti la validità del contratto.
Per contro, la violazione di norme, per quanto inderogabili, riguardanti il comportamento dei contraenti può essere soltanto fonte di responsabilità, ma non causa di nullità negoziale.
LEGGI ANCHE: Il gioco d’azzardo: quando giocare e far giocare diventa rischioso
Sulla domanda di risarcimento
La Cassazione ritiene il motivo :
- inammissibile in quanto la Cassazione non può sindacare la eventuale condotta alternativa del danneggiato se fosse stato informato sulla probabilità di vincita in quanto accertamento di fatto.
- comunque infondato, dal momento che l’accertamento della condotta illecita non è di per sé sufficiente all’accoglimento della domanda risarcitoria, occorrendo altresì l’accertamento del nesso di causa fra quella condotta ed il danno, escluso dal Tribunale in quanto non è certo che se vi fossero stati gli avvertimenti il ricorrente non avrebbe comunque giocato, considerato l’acquisto di oltre 400 tagliandi.