La Cassazione sul caso Martina Rossi: i ragazzi accusati tentarono la violenza che causò la caduta della ragazza dal balcone
“Non esiste un’altra verità se non quella per cui Martina Rossi è morta per sfuggire a un tentativo di stupro ed era talmente disperata al punto da scavalcare un balcone al sesto piano. Ora la Spagna chieda scusa per come ha archiviato l’indagine e per il fatto che quella stanza d’albergo venne affittata poche ore dopo“. Queste sono le parole dell’avvocato della famiglia Rossi, pronunciate quando, non appena ieri, veniva dichiarata la sentenza della Cassazione che rende giustizia a quella verità alla quale, la stessa famiglia Rossi e tutti coloro che volevano giustizia per Martina, hanno sempre creduto.
Giustizia per Martina Rossi
La decisione
La quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che il 28 aprile scorso ha condannato a 3 anni Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per tentata violenze sessuale su Martina Rossi, avvenuta nell’albergo di Palma di Maiorca ove la giovane stava trascorrendo la sua prima vacanza con le amiche nell’agosto del 2011. La giovane studentessa genovese era precipitata nel vuoto il 3 agosto di quell’anno, dal sesto piano dell’albergo spagnolo e nelle prime ore gli inquirenti parlarono di suicidio. Solo dopo una lunga presa di posizione e battaglia della famiglia tramite il loro legale, le indagini individuarono la possibile dinamica del tentato stupro ad opera dei giovani oggi condannati, alla quale Martina stava cercando di sfuggire disperatamente.
Il processo
Il processo di primo grado si è svolto davanti al tribunale di Arezzo per circa un anno e il 14 dicembre 2018 vie era stata la prima sentenza che vedeva condannati i due imputati a 6 anni di reclusione. In Appello però la decisione viene ribaltata: Vanneschi e Albertoni proprio il 9 giugno dello scorso anno, vengono assolti “perchè il fatto non sussiste” dalla Corte d’appello di Firenze e, ad ogni modo il reato di morte come conseguenza di altro delitto è già coperto dalla prescrizione. Ma la vicenda era stata tuttavia cassata con rinvio alla stessa Corte d’Appello per il reato di tentata violenza sessuale di gruppo, per il quale questa volta, con la sentenza bis del secondo grado i ragazzi venivano condannati a tre anni . Questa volta in Cassazione vi è stata conferma della sentenza che è pertanto passata in giudicato, divenendo così definitiva per i ragazzi che ora dovranno scontare le pene. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. La sentenza è giunta dopo quasi due ore di camera di consiglio, dopo le quali la Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai due imputati contro la sentenza emessa in sede di appello-bis dai giudici di Firenze il 28 aprile scorso.
Vittima della violenza
E’ un momento importante per la famiglia: non si tratta di vendetta, ma di riconoscimento, quello della vittima primariamente, di Martina. Come anche dell’impedire che ci possa essere una vittimizzazione secondaria.
Martina non si suicidò
“Quello di Martina Rossi non fu un suicidio” ma “il tentativo di fuggire a una violenza di gruppo“, come stabilito dalla Corte d’appello di Firenze e quanto ribadito dalla requisitoria del sostituto procuratore generale di Cassazione Elisabetta Ceniccola che ha chiesto di confermare la condanna a 3 anni per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due aretini condannati per tentata violenza sessuale di gruppo.
LEGGI ANCHE: Stalking o maltrattamenti famigliari in assenza di convivenza?
I ragazzi erano in compresenza
La requisitoria, e questo è un punto importante, si è soffermata in particolare sulla qualificazione del reato violenza sessuale di gruppo e non in concorso, dalla quale dipendono anche i termini di prescrizione. Alla base di questa accusa c’è la ricostruzione che vede “la compresenza” dei due imputati nella stanza d’albergo di Palma di Maiorca, che “ha influito negativamente” sulla reazione di Martina, “che si è sentita a maggior ragione in uno stato di soggezione e impossibilitata a difendersi”. Motivo per cui la ragazza avrebbe scelto una via di fuga scavalcando la balaustra, che la metteva in pericolo e non di uscire dalla porta che non le dava alcuna possibilità di scampo data la situazione, pertanto fa il tentativo disperato “ma non si getta con intento suicidiario”. La Procuratrice ha ricordato inoltre che “Martina non aveva i pantaloncini, che indossava, e non sono più stati ritrovati. Per la Corte d’appello, era illogico che la ragazza girasse in albergo senza pantaloncini e senza ciabatte”, vi sono inoltre lesioni sul corpo di Martina oltre a quelle riconducibili alla caduta dal terrazzo e i graffi di Albertoni, uno dei due accusati.