La Cleptomania è un disturbo che colpisce anche persone molto ricche come le star di Hollywood: ma il furto del cleptomane non è sempre reato
La cleptomania
La cleptomania è un disturbo del controllo degli impulsi, la cui caratteristica è costituita dalla incapacità di resistere all’impulso di rubare, è un impulso irrefrenabile che porta il soggetto che ne è affetto a sottrarre oggetti di qualunque tipo, in genere oggetti inutili, spesso per l’uso personale o di scarso valore economico.
Sono molti i personaggi famosi che sono finiti nelle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per avere commesso dei furti, personaggi che certamente non hanno la necessità economica di rubare, disponendo solitamente di ingenti patrimoni, ma che sono evidentemente vittime del disturbo c.d. cleptomane.
Secondo la stampa americana, l’attrice Winona Ryder avrebbe subito una pesante condanna per avere sottratto merce per oltre 4 mila dollari in un grande magazzino di Beverly Hills, l’attrice Lindsay Lohan sarebbe stata invece accusata del furto di una collana da 2.500 dollari in un negozio di Venice, in California, Sarah Jessica Parker si sarebbe appropriata di 24 bicchieri da cocktail tempestati di Swarovski (circa 4 mila dollari) durante le riprese di un film.
In Italia invece, ha suscitato molto clamore il coinvolgimento del cantante Marco Carta in una vicenda piuttosto spiacevole per cui sarebbe uscito da un negozio con sei magliette non pagate per un vaolre di 1200 euro.
Ma se la cleptomania è un disturbo, il furto compiuto dal cleptomane costituisce reato?
Se vi è una vera e propria patologia, diagnosticata e conclamata di cleptomania, il fatto può non costituire reato.
Il Reato
Il reato di furto è previsto all’art. 624 c.p.: Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516.
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61 n. 7 e 625.
Come si evince dalla disposizione stessa, la sottrazione deve essere effettuata “al fine di trarne profitto per sé o per altri”, quindi la configurazione del reato necessita del “Dolo Specifico”.
Tuttavia, non sempre si rileva la sussistenza del dolo specifico quando il furto viene compiuto da un soggetto che agisce sotto l’impulso irrefrenabile di una patologia psichiatrica.
Occorre quindi verificare se il soggetto agente, al momento del fatto, fosse capace di intendere e volere oppure, a causa del suo vizio di mente, cioè a causa della specifica patologia, fosse effettivamente privo della capacità di intendere e volere.
Il codice penale infatti, esclude la punibilità ogni volta che il fatto criminoso è commesso da persona che, a causa del suo vizio di mente, non è capace di intendere e di volere.
In ogni caso, indipendentemente dalla patologia, la cui sussistenza dovrà essere provata, la pena può essere ridotta nel caso in cui, come dispone l’art. 626 c.p., il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita, oppure se il fatto è commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave ed urgente bisogno.
La giurisprudenza
Riguardo il furto commesso dal cleptomane, il cui disturbo risulti accertato, la giurisprudenza non è unanime in quanto occorre esaminare in ogni fattispecie la specifica modalità di svolgimento del furto, non potendosi ritenere di per sé sufficiente la sola sussistenza del disturbo.
Infatti, la Cassazione, con la sentenza n. 10638/2019 ha ritenuto che:” la semplice cleptomania non integri un vizio assoluto di mente. Ciò perché si ritiene che il soggetto, per quanto spinto dall’impulso di impossessarsi di oggetti altrui, nel momento in cui commette il furto sia consapevole dell’illiceità del suo comportamento. In sostanza, il cleptomane, secondo la Suprema Corte, ha generalmente una capacità, seppur parziale, di intendere e di volere, escludendo così il nesso di causale tra la cleptomania e la condotta illecita.”
Analogamente, la Cassazione, con la sentenza n. 17086 del 15 aprile 2013, ha ribadito in materia di disturbi della personalità: “La malattia mentale è idonea ad escludere la penale responsabilità per i fatti posti in essere solo se presenta un grado di consistenza, intensità e gravità tale da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o scemandola grandemente, e, ancora, se si pone in nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, in modo tale che il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale.”
LEGGI ANCHE: Caso Corona: la Cassazione annulla la decisione che l’ha messo in carcere
È chiaro che un furto effettuato mediante armi, arnesi, o mediante l’introduzione in un edificio privato e/o mediante aggressione dei soggetti che tentano di ostacolare il furto, non può essere compatibile con l’incapacità di intendere e volere determinata dal disturbo di cleptomania.
Diversamente, la sottrazione di un oggetto di scarso valore, facile da afferrare perché esposto in prossimità del soggetto affetto da accertata cleptomania, potrà essere considerato come “compiuto in un frangente di incapacità di intendere e volere.”