Il massaggio “da spiaggia”: non è esercizio abusivo della professione

Il massaggio improvvisato, spesso effettuato sulla spiaggia da personale non qualificato, non costituisce reato ex art. 348 c.p.

La pratica dei massaggi

Da alcuni anni è piuttosto diffusa la pratica di massaggi rilassanti, specialmente in spiaggia, sotto agli ombrelloni, non è insolito vedere persone di etnia solitamente cinese, che si improvvisano nell’arte del massaggio.

Ci si chiede allora se tale pratica sia lecita o se per il suo svolgimento sia richiesto il possesso di uno specifico attestato o di una specifica abilitazione.

In tal caso infatti, si incorrerebbe nel reato di esercizio abusivo della professione, previsto e punito dall’articolo 348 del codice penale: Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.

La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.

Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

Di tale questione si è occupata la Suprema Corte di Cassazione.

La sentenza

In riferimento ad uno specifico caso offerta di massaggi in spiaggia ai bagnanti, la Corte di Cassazione penale si è pronunciata con la sentenza n. 12539 del 12/02/2020 stabilendo che “Lo svolgimento di attività di massaggiatore a scopo non terapeutico non integra il reato di esercizio abusivo della professione di cui all’art. 348 c.p.”

La Corte ha ritenuto che non sia configurabile il reato di esercizio abusivo della professione in quanto per lo svolgimento dell’attività di massaggiatore a scopo non terapeutico, finalizzata esclusivamente al benessere personale o al miglioramento estetico, come i trattamenti antietà, anticellulite o antistress, non è richiesto il conseguimento di una specifica abilitazione professionale ovvero l’iscrizione in appositi albi od elenchi.

La Cassazione ha inoltre argomentato così: […] l’esercizio abusivo della professione medica o paramedica può configurarsi soltanto con riguardo alla pratica dei massaggi che abbiano una specifica finalità curativa, cioè di quelli che, stante la diretta incidenza sulla salute delle persone, postulano specifiche e riscontrate competenze mediche, terapeutiche o fisioterapiche.

[…] Né pare revocabile in dubbio che, per le modalità ed il contesto nel quale le manipolazioni venivano praticate (su di un asciugamano o un lettino su di una spiaggia pubblica affollata di turisti), da parte di un soggetto che non faceva alcun riferimento a competenze particolari né ad una specifica abilitazione professionale, le persone che vi si sottoponevano potessero realmente trarre da tali circostanze il convincimento che si trattasse di massaggi praticati in modo professionale, da persona munita di una specifica qualifica sanitaria e muniti di una reale valenza terapeutica.

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La natura terapeutica dei massaggi praticati dalla L. non può neanche desumersi dalla circostanza che ella utilizzasse per le manipolazioni canfora o olio di lino, trattandosi di prodotti di libero acquisto senza necessità di alcuna prescrizione da parte di un medico.

D’altra parte, le qualità asseritamente “terapeutiche” di un prodotto non ne rendono professionale l’impiego, così come non può ritenersi tale da integrare l’esercizio abusivo della professione medica la somministrazione da parte di un ristoratore di pasti cucinati con uno qualunque dei plurimi alimenti notoriamente aventi qualità lato sensu “terapeutiche” o favorevoli per la salute.[…]