Se la moglie chiede il mantenimento dopo troppo tempo dal divorzio potrebbe perderne il diritto. Ecco perchè
Accolto in Cassazione, con l’ordinanza n. 25646/2021, il ricorso si un marito ha ha dimostrato che la moglie in sede di separazione non ha chiesto il mantenimento e che alla stessa è stato riconosciuto per un periodo solo l’importo mensile di 100 euro per gestire la ex casa coniugale, poi venduta. Va da se presunzione che la stessa in quegli anni abbia lavorato, anche se con posizione lavorativa irregolare. In caso contrari, non si comprende come la stessa abbia potuto vivere tranquillamente senza aiuto alcuno.
La vicenda processuale in fase di merito riguardo al mantenimento del coniuge
Il giudice di primo grado, pronunciandosi sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio dei coniugi in questione, stabiliva in favore della moglie l’obbligo da parte del marito di corrisponderle un assegno mensile di divorzio di 300 euro, revocando invece l’importo prima dovuto per la figlia. Anche la Corte di Appello conferma la decisione di primo grado.
L’uomo pertanto, decide di ricorre in Cassazione presentando le seguenti doglianze:
- Con il primo motivo lamenta l’omissione da parte del giudice dell’impugnazione di fatti decisivi ai fini del decidere. L’uomo fa presente che la moglie, dopo la separazione, ha beneficiato di un assegno mensile di soli 100 euro mensili per la gestione della casa coniugale, fatto da cui, anche alla luce dei criteri fissati dalla SU 18287/2018 per il riconoscimento e la quantificazione dell’assegno di divorzio: da ciò tuttavia si poteva dedurre la capacità lavorativa della donna. Inoltre dopo la separazione inoltre la moglie, aveva investito metà del ricavato della vendita della casa coniugale nell’acquisto della sua nuova abitazione.
- Con il secondo contesta l’onere probatorio posto a suo carico dalla Corte, che a suo avviso era invece incombente sulla moglie, come riscontrabile in giurisprudenza.
- Con il terzo fa valere invece la violazione dell’art 92 c.p.c perché nella motivazione i giudici hanno ritenuto esistenti i presupposti per compensare le spese, anche se nel dispositivo hanno applicato a suo carico la sanzione del doppio contributo unificato.
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Per la Cassazione il primo e il secondo motivo sono fondati, mentre il terzo resta assorbito
La Corte d’Appello infatti, avrebbe dovuto considerare che la moglie, unicamente a distanza di dieci anni dalla separazione ha richiesto per la prima volta un aiuto economico del marito. Circostanza da cui la Corte avrebbe dovuto dedurre lo svolgimento in quegli anni di un lavoro, magari irregolare, non giustificandosi altrimenti come la stessa abbia potuto condurre la sua vita senza alcun sostegno. Il secondo invece fa riferimento alla vendita della casa coniugale e al fatto che la donna abbia impiegato metà del ricavato per acquistare un nuovo immobile per se. Non spetta infatti al marito dimostrare il rifiuto da parte della ex di proposte lavorative: infatti l’onere è a carico di chi chiede l’assegno al fine di dimostrare di non essere riuscito a conquistarsi una propria autonomia senza che in questo sia ravvedibile colposità.