Responsabilità medica: danno erariale

Il medico dipendente pubblico, nell’esercizio della propria attività, in caso di dolo o colpa grave è soggetto a procedimento contabile per responsabilità medica da danno erariale

Responsabilità medica: danno erariale

Nel caso in cui un paziente rivolga ad una struttura pubblica una richiesta di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e la struttura sia costretta a risarcire il danno, quest’ultima deve necessariamente trasmettere alla Corte dei Conti una relazione con la quale si faccia presente il danno subito dall’Amministrazione in conseguenza del comportamento illegittimo del sanitario.

Quello della struttura ospedaliera è un atto dovuto in quanto il sanitario deve essere necessariamente essere sottoposto a giudizio contabile al fine di verificare se il suo comportamento sia stato posto in essere con dolo o colpa grave.

Occorre ricordare che sussiste responsabilità amministrativo-contabile, in presenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come stabilito dalla vigente normativa in materia (articolo 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (ora art. 93 del T.U. n. 267 del 18 luglio 2000); dall’articolo 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20; e dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639) .

Necessaria la sussistenza della colpa grave o del dolo

È necessaria, quindi, almeno la colpa grave ai fini della responsabilità erariale del medico, non essendo rilevanti i comportamenti posti in essere con colpa lieve.

Il concetto di colpa grave va inquadrato nella nozione di colpa professionale di cui all’art. 1176, II comma, c.c. e va inteso come osservanza non già della normale diligenza del “bonus pater familias”, bensì di quella particolare diligenza occorrente con riguardo alla natura e alle caratteristiche di una specifica attività esercitata.

Perché si abbia colpa grave non è richiesto, perciò, che si sia tenuto un comportamento assolutamente abnorme, ma è sufficiente che l’agente abbia omesso di attivarsi come si attiverebbe, nelle stesse situazioni, anche il meno provveduto degli esercenti quella determinata attività.

Pertanto, nell’attività sanitaria, la condotta può essere valutata come gravemente colposa quando il comportamento del medico sia stato del tutto anomalo ed inadeguato, tale, cioè, da costituire una devianza macroscopica dai canoni di diligenza e perizia tecnica e da collocarsi in posizione di sostanziale estraneità rispetto al più elementare modello di attività volta alla realizzazione degli interessi cui gli operatori pubblici sono preposti.( Corte dei Conti, Puglia, sentenza 16/10/2018 n° 704).

In altre parole, “per configurare .ipotesi di responsabilità a carico del medico, non basta che il comportamento sia stato riprovevole in quanto non rispondente perfettamente alle regole della scienza e dell’esperienza, ma è necessario che il medico, usando la dovuta diligenza, abbia potuto prevedere e prevenire l’evento verificatosi; perché, quindi, possa parlarsi di responsabilità per colpa grave si deve accertare che si siano verificati errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione ovvero il difetto di quel minimo di perizia tecnica che non deve mai mancare in chi esercita la professione sanitaria e, comunque, ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari affidati alle cure di prestatori d’opera”.

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Il criterio di valutazione della condotta del medico deve quindi essere incentrato sul livello di diligenza da lui impiegato nello scegliere discrezionalmente mezzi e modi suggeriti dalla scienza medica in relazione alla gravità della patologia riscontrata sul paziente in quanto è necessario accertare se il medico abbia usato il metodo operativo più adatto al caso concreto ed alle circostanze contingenti.